Palazzo San Bernardino - La Sala gialla

La Sala è impreziosita dalla collocazione di vari dipinti tutti databili al XIX sec. Quasi tutti di autore ignoto, rientrano nelle operte commissionate intorno al 1835 per celebrare i lavori compiuti onde scongiurare altre esondazioni dell'Aniene. L'unico che per soggetto si distingue dagli altri ed è firmato (è stato dipinto da un pittore non molto famoso, E.Chiari, come attestato dalla firma) è il bel ritratto (olio su tela) di Margherita di Savoia, Regina d'Italia e consorte dal 1868 del cugino Umberto I. Sovrana dal 1878 diede prova di energia e e di carattere. Amante delle arti, influenzò molto gli esponenti della cultura italiana. Morì nel 1926. Qui la Regina è ritratta in piedi con il busto leggermente torto verso destra (seminascosto infatti il braccio destro sulla cui mano è poggiata quella sinistra). La figura, che si staglia su un anonimo fondo scuro, esprime regalità, incute rispetto ma nello stesso tempo, grazie al suo sorriso, mostra molta cordialità.


Ingrandisce foto Palazzo S.Bernardino

La predetta regalità è sottolineata non solo dall'eleganza e sontuosità del vestito giallino (caratterizzato da un sovrapporsi di tulle che lo rendono impalpabile, etereo) ma anche e soprattutto dai gioielli indossati: il diadema poggiato sulla testa, gli splendidi orecchini a goccia, i numerosissimi fli di perle che le ricoprono il collo ed il petto secondo la moda di fine Ottocento che lei stessa aveva contribuito ad affermare.

Un altro ritratto, che attrae l'attenzione, è la tempera su tavola in cui un artista sconosciuto ha ritratto il cardinale Gustavo D'Hohenlohe. Era inizialmente una famiglia nobile tedesca, originaria della Franconia, che prese il nome dall'omonimo castello nei pressi di Uffenheim (1178). Successivamente la famiglia si divise in due rami: uno dei H.- Neuenstein (protestanti) e l'altro dei H.- Walderbung (cattolici). Il predetto cardinale (1823-1896), uomo di grande cultura, mecenate e residente a Villa d'Este (diventata residenza personale dei Reali d'Austria)ove ospitò fra gli altri Franz Liszt, era un potente politico essendo distributore ufficiale delle elemosine alla corte di papa Pio IX (in altre parole rivestiva la carica di elemosiniere ufficiale). Egli commissionò allo scultore americano Mosé Ezeckiel la scultura mariana posta sopra il portale della chiesa di S. Biagio a Tivoli. A ricordo perpetuo del suo dono volle che ai lati dell'altorilievo fosse scolpita questa frase: IN HONOREM B.M.V. SS. ROSARII DONAVIT CARD. PRINCEPS HOHENLOHE (il cardinale principe Hohenloe donò in onore della Beata Maria Vergine del SS.Rosario). Nella tempera è ritratto a mezzo busto, abito cardinalizio rosso più o meno cangiante stagliato su un fondale scuro; regge con la destra una lettera ma non la legge poiché lo sguardo è rivolto verso chi osserva il quadro. Il viso, completamente rasato e raffigurato di tre quarti, esprime serietà ed autevorelezza.


Ingrandisce foto Stemma di Tivoli

Un ritratto simile è l'olio su tela in cui cui è raffigurato il canuto Cardinale Agostino Rivarola. Anche in questo caso l'alto prelato appare a mezzo busto di tre quarti, vestito col classico abito cardinalizio, stagliato sul solito ed anonimo fondale scuro. Colla mano sinistra regge una grande lettera su cui l'autore dell'opera ha posto la sua firma purtroppo illeggibile (si legge solo: il pittore Vincenzo). La missiva, secondo l'autore del quadro, simula quella reale contenente l'ordine impartito da papa Gregorio XVI il 9 giugno 1832 per provvedere ad iniziare i lavori necessari ad impedire future esondazioni dell' Aniene. L'esecuzione dei lavori non si limitarono alla sola deviazione del fiume ma anche alla costruzione di due vaste piazze (Piazza Rivarola e Piazza Massimo) congiunte dal solido ed elegante Ponte Gregoriano, distrutto nei bombardamenti del 1944 e poi riedificato.

Nella Sala infine si trovano altri due oli. In uno è ritratto il cardinale Francesco Massimo, segretario della Commissione per i lavori dell'Aniene (ragion per cui gli fu dedicata la costruenda Piazza omonima). Appare seduto, a mezzo busto, con la mano sinistra poggiata sulla voluminosa relazione concernente detta impresa. L'altro olio invece raffigura Monsignor Gregorio Barnaba, vescovo di Tivoli dal 1782 al 1784 e poi pontefice dal 1800 al 1823 col nome di Pio VII. Chiaramente, trattandosi di un papa, il ritratto è molto più autorevole e complesso. Appare seduto di tre quarti, in abiti pontificali ornati da ermellino, con la mano destra alzata che sembra indicare il tempio della Sibilla in prossimità del quale egli fece ricostruire (1809) il Ponte Lupo, crollato durante le esondazioni del 1804-5. Nella sinistra, poggiata sul bracciolo della poltrona-trono, su cui è assiso, stringe una lettera. Da notare, poggiato sul vicino tavolino il triregno ovvero la tiara papale costituita da tre corone sovrapposte simboleggianti la Chiesa trionfante, la chiesa purgante e quella militante.

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