In tal modo il via-vai delle carrozze non era percepito da chi stava in giardino. Anche le quattro torri furono modificate e trasformate in avancorpi delimitanti all’estremità la originaria predetta loggia a tre arcate.
Sull’intervento del Borromini molti si sono divisi: per alcuni sarebbe stato abbastanza limitativo, sostenendo che egli avrebbe solo fatto il progetto essendo morto nel 1667. In realtà il ritrovamento di un documento del 1° luglio 1667 (trovato dal Portoghesi presso l’archivio Falconieri) dimostra che il Borromini diresse anche i lavori perché, quando lui scomparve, la Villa era già quasi del tutto ristrutturata. Mancavano solo le rifiniture (porte, cornici ecc.) di cui si occupò il capomastro del Borromini: Francesco Massari.
Tra il 1720 ed il 1735 la Villa fu di nuovo ristrutturata ad opera di Ferdinando Fuga il quale per dirigere meglio i lavori si stabilì qui per il tempo necessario. Il cardinale Alessandro Falconieri volle nel 1733 anche procedere a dare un volto nuovo al terreno contiguo ed ai giardini; non bisogna infatti dimenticare che la Villa oltre che ad essere una stupenda dimora di rappresentanza era anche un’azienda agricola, come attestano alcuni documenti.
Il parco fu impreziosito grazie alla realizzazione della Peschiera della Galera, della Fontana delle Colonne, del Peschierone e della Fontana della Stella.
Il piano nobile è tutto una serie di affreschi e dipinti. Di grande interesse sono gli affreschi cinquecenteschi relativi al periodo in cui la Villa appartenne a monsignor Alessandro Rufini e quindi sono antichissimi. Si possono ammirare nella Stanza della Ringhiera; chiaramente sono solo una rimanenza di quelli che erano un tempo.
Tutti insieme facevano parte di un ciclo ideato e steso da Perin del Vaga e dai suoi aiutanti. Non esistono più invece gli affreschi dell’ala destra del Palazzo, distrutti dalle bombe del secondo conflitto mondiale ma dovevano come detto in precedenza essere molto pochi essendo tale ala adibita soprattutto a locali di servizio. Niccolò Berrettoni è invece l’artefice dell’”Omaggio a Venere” sito nel Salone d’ingresso. Qui sulle lunette il pittore secentesco ha ritratto esponenti della casata Falconieri.
Splendido il salone centrale la cui volta custodisce una preziosità: la “Nascita di Venere”di C. Maratta e N. Berretta (suo allievo). Nell’ala sinistra del Palazzo si ammirano affreschi del 1672/1680. La stanza però più artistica è la Sala di Proserpina; qui troneggia nel soffitto il “Ratto di Proserpina” di C. Ferri. Stucchi preziosi lo incorniciano. Le pareti della Sala sono invece un susseguirsi di paesaggi e personaggi che si intravedono tra finte arcate, colonne e balaustre. L’autore è Pier Leone Ghezzi il quale per eseguirli nel 1727 (come attesta l’iscrizione datata e firmata) ritrasse non solo i padroni di casa Falconieri ma anche i loro amici nonché un suo autoritratto.
Vicine sono le Sale delle Stagioni. Le Allegorie dell’Autunno, Inverno e Primavera sono opera del Ferri, quella dell’Estate del Berrettoni.