Gustav Adolf Hohenlohe, che aveva ricevuto il cardinalato da papa Pio IX nel concistoro del 22 giugno 1866, ricevendo il titolo di Santa Maria in Traspontina, era un uomo estremamente colto, che amava proteggere gli artisti. Liszt strinse buoni rapporti con il cardinale tanto che fu invitato a dimorare a Villa d'Este. Dopo la morte di Ippolito II, la Villa aveva attraversato varie vicende finchè era pervenuta in mano agli Asburgo che l' avevano concessa in uso al cardinale Gustav Adolf Hohenlohe.
Un documento attesta senza ombra di dubbio il suo primo soggiorno tiburtino. Si tratta di una lettera che Liszt scrisse al suo amico Franz Brendel. Reca la data (21 luglio 1865) e il luogo (Villa d'Este. Tivoli). Non era certamente grande l'appartamento riservatogli né tanto meno era arredato con lusso ma a Liszt non interessava perchè lì da quella "colombaia" (così egli la definiva scrivendo al suo amico Giovanni Sgambati) posta sotto il tetto del cinquecentesco edificio il suo occhio spaziava giù giù
sulla vastissima pianura Romana fino all'Urbe, ai Castelli Romani e più vicino sul sottostante giardino estense con le sue garrule fontane dai mille zampilli. Gli bastavano quelle tre stanzette a sua disposizione: una stanza dove dormire, una dove pranzare, una dove far musica. Senza dubbio quella che più gli piaceva era proprio quest'ultima: piccolissima, con le pareti tappezzate da un ramage floreale (di qui l'epiteto di stanza delle rose). Qui Liszt componeva e suonava seduto al suo pianoforte collocato davanti a quella finestrella che, spalancata, si apriva su un infinito che certamente lo ispirava.
Molto apprendiamo sul suo soggiorno tiburtino dagli scritti del suo allievo Filippo Guglielmi.
All'inizio, come sempre accade quando si è invitati e non si vuole approfittare dell'ospitalità, Liszt si limitò a soggiornarvi brevemente d'estate. Poi, sentendosi molto a suo agio, decise di dimorarvi abitualmente ogni anno dai primi di settembre ai primi di dicembre desideroso di immergersi in quella pace che il suo animo anelava e che quel giardino incantato e la minuscola cappellina del Palazzo gli sapevano regalare. Si prendevano cura di lui due ragazze, figlie di un factotum della Villa. A loro, nel 1925, avanti ormai negli anni, fu chiesto di ricordare la loro esperienza con Liszt. E loro ricordarono con tenerezza i momenti sereni della routine quotidiana: lui seduto al pianoforte e loro affascinate che lo ascoltavano; lui che fumava un sigaro dopo l'altro inseguendo l'ispirazione e perdendosi dietro i sogni; lui che provava goduria a desinare sul terrazzo per meglio godere di quella vista mozzafiato sull'Agro romano. I suoi cibi ordinari erano i più semplici. Così era fatto Liszt.
Proprio a Villa d'Este nacquero importanti sue composizioni perché la vegetazione del parco gli "parlava" come scrive nell'estate del 1877 alla donna che avrebbe voluto sposare, la principessa Caroline Von Sayn-Wittgenstein : "Questi tre giorni li ho passati tutti sotto i cipressi! Impossibile di occuparmi d'altra cosa, della chiesa stessa. I vecchi tronchi mi salutavano e io sentivo piangere i rami carichi d'immutevole fogliame! Infine eccoli, eccoli coricati sulla carta da musica, e dopo averli tanto corretti, raschiati, riraschiati e copiati, mi rassegno a non toccarli più… I vecchi tronchi mi salutavano e io sentivo piangere i rami carichi d'immutevole fogliame! Infine eccoli, eccoli coricati sulla carta da musica, e dopo averli tanto corretti, raschiati, riraschiati e copiati, mi rassegno a non toccarli più.". Liszt a Villa d'Este era quindi particolarmente ispirato e compose un'infinità di "tesori" musicali: due Aux cyprès de la Villa d'Este; Les jeux d'eau à la Villa d'Este; le Variazioni su un tema di Bach; le due Légendes (San Francesco d'Assisi, la predicazione agli uccelli e San Francesco di Paola in cammino sopra le onde); i due studi da concerto (Mormorii del bosco e Ridda dei gnomi); i quattro Mephisto Walzer; le tre Mephisto Polka; svariate trascrizioni di opere proprie e altrui; il Christus (quasi tutto ideato qui e ispiratogli dai pifferai ciociari che a Natale venivano a Tivoli).
Talvolta riceveva i suoi allievi musicisti; era di una grande disponibilità con loro, paziente ma all'occorrenza severo se si comportavano maleducatamente in sua presenza. Insomma a Villa d'Este si sentiva di casa. Era a suo agio non solo dentro le mura della Villa ma anche fuori, quando dialogava con l'allora sindaco di Tivoli, Tomei, o con il direttore della banda municipale, Pezzina; o quando a contatto con la gente faceva quattro passi per la città.
I Tiburtini lo ossequiavano chiamandolo "commendatore", gli facevano gli auguri in occasione del suo onomastico, i suoi amici lo invitavano a pranzo. Gli piaceva la cucina locale, il pizzutello o uva corna, il vino di Zagarolo (l'antica Gabi).
Lui ricambiava l'affetto della popolazione tiburtina come poteva; per cinque o sei anni ad esempio tenne nel salone di Villa d'Este un concerto per i poveri (pagg. 320 e 321 de La rassegna italiana: periodico mensile, Pace 1886). Il primo lo tenne il 30 dicembre del 1879 per aiutare la città, che lo ospitava a lui così cara, colpita da una grave carestia. Ci fu un accorrere di gente "che contava" da Roma a Tivoli. Fu un trionfo non solo per Liszt ma anche per i suoi collaboratori: Nadine Helbig con l'Heroide funebre nella versione per pianoforte e Alfred Reisenauer con Tarantella.
Ormai però la vita di Liszt stava volgendo al tramonto, era vecchio e stanco. Al 10 novembre del 1885 risale il suo ultimo soggiorno Villa d'Este. Con lui c'era Auguste Stradal, suo grande amico pianista. Non vi tornò più morendo nel 1886. Quanto Villa d'Este fosse stata importante per lui si può capire riflettendo su ciò che Guy de Pourtales, suo biografo, affermò in La vie de Franz Liszt "La pietra tombale dell'Angelico della musica si trova sotto le piogge della Baviera, ma è dalla Villa d'Este e dalla sua più alta terrazza che bisogna guardare la sua anima musicale volar su verso il cielo". È vero il suo corpo non è a Villa d'Este ma la sua anima sì e, se si alza gli occhi verso la sua "colombaia" sembra ancora sentire le melodie del suo pianoforte che invadono i vialetti del parco in cui lui passeggiava.
Liszt e Villa d'Este una simbiosi perfetta.
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