In una villa, dominante il sottostante Vallone dell'Inferno e prospiciente il santuario di Ercole Vincitore, l'Acropoli e l'antica Tibur, vissero momenti indimenticabili il poeta Properzio e la sua donna Cinzia. Anche Properzio quindi soggiornò, anche se saltuariamente, nell'antica Tibur che frequentò però non per le sue bellezze naturali (che attrassero tanto Orazio), ma semplicemente perché la sua donna l'aveva scelta per edificarvi una villa (la c.d. Villa di Cinthia) in cui lui poteva rifugiarsi per stare con lei ed evitare l'afa estiva dell'Urbe. Al di sotto della domus, nel fondovalle sulle rive dell'Aniene, Cinzia sarebbe stata sepolta come canta Properzio nell'Eleg.IV, 7, 79-86 " Hic tiburtina iacet aurea Cinthia terra; accessit ripae laus, Aniene, tuae"(qui nella terra tiburtina giace l'aurea Cinzia; alla tua riva, o Aniene, si é aggiunto un vanto). Quest'ultimo particolare, insieme alla sua scelta di farsi costruire una villa a Tivoli, potrebbe essere spiegato con la supposizione che Cinzia fosse originaria di Tibur. Di lui si ignora l'anno di nascita (era forse più giovane di Tibullo e più vecchio di Ovidio) probabilmente nacque tra il 54 ed il 44 a.C. in Umbria forse in Asisium (Assisi)o in altra città (Spello, Bevagna).
Il latinista prof. E.Paratore ne delimita la vita tra il 47 ed il 14 a.C.; ci dice che apparteneva ad una famiglia sconosciuta (se ne ignora infatti il cognomen) e aggiunge che il padre morì quando il poeta era ancora nella prima gioventù. In seguito alla divisione dei terreni fatta da Ottaviano ai veterani della guerra di Filippi, anche Properzio, come tanti altri, fu privato dell'eredità paterna. La guerra di Perugia devastò la sua terra e così venne a Roma con la madre dove, assunta la toga virile, si dedicò alla poesia.
Nel 28, aveva poco più di diciotto anni quando incontrò quella che Apuleio dice si chiamasse Hostia, moglie di Apollinare, una donna molto colta, dissoluta ma esperta nella danza e nella musica, che lo spinse ancor di più alla poesia. Properzio, secondo l'usanza del tempo che voleva che i poeti cantassero le loro donne sotto uno pseudonimo (anche Catullo lo aveva fatto con Clodia diventata poeticamente Lesbia), la chiamò Cinzia. Cynthia era il soprannome, che era dato per antonomasia alla dea Artemide in quanto era onorata sul monte Cinzio, nell'isola di Delo, dove era nata insieme al dio Apollo (che perciò era chiamato anche Cinzio). Properzio a Roma abitò sull'Esquilino (3, 23, 24) presso il suo protettore Mecenate.
Il giovane forse aveva già conosciuto l'amore di Licinna, una schiava, ma quello per Cinzia durò per tutta la vita.
Di lui, secondo il Lachmannn, si hanno cinque libri di elegie; oggi tale divisione è stata riportata a quattro. L'amore per Cinzia riempie tutto il libro I, salvo le due elegie finali; della passione per lei è tutto intriso anche il lunghissimo II libro; nel III appaiono invece descritte le delusioni inflittegli da Cinzia e si nota il raffreddamento della sua vena di poeta erotico. La donna, che lo attraeva non solo per la sua bellezza fisica ma anche per la sua cultura, non gli fu infatti sempre fedele preferendogli spesso un ricco ammiratore. Nel IV libro per il Paratore si trova "una nuova mirabile fioritura di poesia amorosa " legato all'evento della morte di Cinzia.
Ora verso di lei Properzio non ha più rancori, dimentica le sue infedeltà e la trasfigura nel suo cuore addolorato ed innamorato. Nella settima elegia di questo libro il poeta, prossimo a morire, racconta di aver visto in sogno l'ombra di Cinzia e di aver tentato di abbracciarlo: ella gli giura di essergli stata fedele, lo invita a bruciare tutti i versi da lui composti sul suo sepolcro da cui lui deve estirpare l'edera che "stringe le tenere ossa coi suoi rami contorti", di cessare di cantarne le lodi. "Nunc te possideant aliae: mox sola tenebo:/ mecum eris, et mixtis ossibus teram" (ora sii pure, tu, di altre donne: fra breve sarai soltanto mio; meco sarai e le mie ossa alle tue in un abbraccio stringerò).
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