Villa di Cinthia

Salendo per la strada di Quintiliolo (via SS. Maria di Quintiliolo), sulla sinistra, prospiciente il Santuario di Ercole Vinitore, era collocata su un'alta piattaforma sovrastante il fiume Aniene, una villa romana.
L'identificazione di questa villa con la villa di Cinthia, utilizzata solo per scopi ricreativi e di ozio, è stata dedotta dalla descrizione del paesaggio tiburtino, che si ammira dalla villa di Cinthia, fatta da Properzio nell'Eleg. III, 16, 1-4. Il poeta racconta che a mezzanotte fu chiamato a Tivoli di notte da una lettera della sua donna; la descrizione della cascata e delle torri erano la caratteristica tiburtina.
La scelta di erigere la villa in tale sito fu infatti dettata da motivi paesaggistici, gli stessi che probabilmente spinsero a costruire nelle vicinanze le loro ville Quintilio Varo ed il poeta Orazio: l'essere posta su un terrazzamento a picco sul vallone dell'Aniene, il poter ammirare dall'altra parte del precipizio l'area forense, i criptoportici di Piazza Domenico Tani, lo spingere lo sguardo in basso sulla Villa Adriana ed i Colli Albani, il contemplare su una collina di fronte la villa di Munanzio Planco.


Ingrandisce foto Veduta di Tivoli

Purtroppo della villa oggi non rimangono che poche tracce per cui sappiamo poco sugli poco sugli edifici che la componevano. Costruita nella II metà del II sec.a.C. (realizzata in opus incertum) e poi rimaneggiata in età imperiale (opus reticulatum), probabilmente era orientata verso ovest, in quanto la piantagione di olivi che sorgono sui suoi resti ne impediscono la visibilità.
Sono stati trovati nell'opus incertum reperti di incostrazioni di travertino, derivanti dalle bancate del fiume che scorre nel fondovalle vicino, ed altri tufacei ricavati dalla cava anch'essa poco distante dell'Acquoria.

Nel 1970 i resti della villa sono stati studiati dal prof. C.F.Giuliani; gli scavi hanno messo in luce una platea a "L" dalle imponenti misure (m.120x75 ca) con lo spigolo orientato verso il precipizio della Valle dell'Aniene. Le sostruzioni sono in opus incertum.
Grazie ai lavori di scavo sono stati riportati alla luce tre locali ed un tratto di sostruzione terminante in un ambiente, lungo circa 9 metri e largo 2,70, con copertura a botte. Altri lavori di scavo compiuti nel 1994 hanno portato ad altre interessanti scoperte.
Carlo Fea, Commissario delle Antichità sotto il dominio napoleonico, nel suo libro "Varietà di notizie economiche fisiche antiquarie sopra Castel Gandolfo, Albano, Ariccia, Nemi loro laghi ed emissarii sopra scavi recenti di antichità in Roma, e nei contorni, fabbriche scoperte, sculture, e iscrizioni trovatevi ec. ec. ", Roma 1820, riporta notizie circa alcuni ritrovamenti effettuati a seguito di scavi avvenuti proprio nei terreni della Villa.


A.J.B. Vinchon "Propertius and Cynthia
at Tivoli"

In particolare il Fea dice che negli oliveti di proprietà della famiglia Sabbi Colonna, proprio sotto la Villa di Quintilio Varo, "colà dove per antica tradizione si dice che fosse la Villa di Cintia", furono effettuati degli scavi tra il 1819 e il 1820 grazie ai quali furono riportati alla luce " un torso nudo senza braccia, gambe e testa. Due teste gentili di giovanotti, quasi simili con capelli corti, una delle quali si adatta al torso predetto: l'altra finora manca del corpo. Due altri torsi, compagni per grandezza, di bello stile, ed in movimento nuovo, pure senza capo. Tre Ermi Bacchici, de' quali quello al naturale sarebbe assai stimabile, se non mancasse in molte parti il capo, che vi era sopra. Un putto con conchiglia in spalla, in atto di gettarne acqua per fontana, di mediocre scultura; come sono altri frammenti di marmo intagliati. Dopo qualche intervallo ripreso lo scavo, ultimamente si è rinvenuta una statua muliebre panneggiata, al naturale, sedente, che pare una Musa, di buon lavoro, e assai conservata. E' però senza braccia, innestate da tempo antico. La testa, che si è trovata, era pure innestata a pan di zuccaro; differente di marmo, e di lavoro non eguale a quello della statua. Si conosce che è di ritratto, e con credenno; forse in costume di giunone. Qualcuno ha creduto potervi raffigurare una Livia. In compagnia di questa scultura si è trovata una figurina con testa giovanile di stile mediocre; e in seguito due belli Fauni nudi sedenti sopra due scogli per gettar acqua a due fontane insieme, comprati pel Museo Vaticano".

In "Memorie Enciclopediche romane sulle belle arti, antichità, ec, tomo V" Giuseppe Antonio Guattani, segretario e docente nell'Accademia di S. Luca, riporta ulteriori informazioni sia sulla villa in generale che sullo scavo in questione, eseguito dall'antiquario romano Ignazio Vescovali con l'assistenza di Gregorio Castellani, che secondo l'autore, sarebbe il quarto in assoluto eseguito nella Villa di Cinthia (si hanno notizie anche di uno scavo effettuato nel 1778 con ritrovamento di un pavimento a mosaico e alcune piccole statue): "fra ruderi di ben ampia e nobile fabrica si trovò per prima cosa una statua minor del vero di un Fauno con nebride, ma senza testa, di mediocre scultura. Quindi num. 6 camere con pavimenti a musaico bianco, ove in una sala di esse si osservò che il pavimento avea d'intorno un grazioso meandro di smalti a vari colori. Un portico largo circa 15 palmi, lungo 40 con basi di travertino e qualche avanzo di colonna della pietra medesima, scanalata, rivestita di stucco, e dipinta. Un Gabinetto nobile con pavimento e zoccolo di marmo, e 3 nicchie per statue , le quali tutte son rinvenute, due con le teste proprie ma staccate, l'altra acefala: per esser nude, con i capelli corti, e le orecchie stiacciate, si è riconosciuto esser figure di giovani atleti. Poco distante in altra camera più grande, ed egualmente nobile, 3 Ermi bacchici, uno de' quali con la testa di satiro è di assai buona scultura. Seguivano altri 6 o 7 camere con pavimenti a mosaico bianco , ma senza nicchie e senza sculture. A molta distanza, sulla falda di una collinetta si trovò una fontana consistente in una conca di travertino, dentro cui dall'alto fra tartari fattizii l'acqua cadeva. Nei due lati di essa vi erano due altre fontane minori ma della medesima idea. In vicinanza si rinvenne altresì un graziosissimo putto che sulla spalla sinistra ha un vaso vaso bucato per gettar acqua: e di più alcuni pilastrelli a 4 facce con intagli a rabesco assai belli; ove nel piede di uno di essi con insolito e bizzarro partito si vede scolpita una egida in quadro con la Gorgone nel mezzo".

Anche il Guattani cita inoltre il ritrovamento successivo della statua "muliebre", colpito dal "panneggio di cui forse non v'ha l'eguale per la profondità de' sottoquadri, per il getto delle pieghe, per la finitezza e gusto del lavoro".

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