Legata a Porta Romana (situata lungo Via del Colle non molto distante dalla storica Piazza Domenico Tani) c’è un’antica leggenda conosciuta da molti tiburtini e riportata da storici locali quali Antonio Del Re, Nicodemi, G. Coccanari. La Porta è in travertino; interessante è notare come sempre in questa pietra sia stata scolpito il solco in cui era collocata la saracinesca che veniva azionata per aprire e chiudere la porta. Oggi la Porta ci appare non integra essendo stata incendiata nel corso dell’assedio compiuto dai Goti nel VI sec. d.C..
La rivalità tra Tivoli (fondata cinquecento anni prima dell’Urbe) e Roma è nota; basta dare uno sguardo alle pagine dedicate alla storia per averne un’idea. Orbene ad uno dei tanti dissidi tra le due città risale la leggenda di Porta Romana. Sembra che paradossalmente l’antica Tibur e Roma si erano alleate per distruggere la città di Tuscolo, cosa che puntualmente avvenne.
Le due alleate si divisero il bottino: Tivoli mise le mani sul Gruppo ligneo della Deposizione mentre Roma prese oro e altri preziosità. Solo in secondo tempo i romani capirono di essersi presa la “parte minore” e chiesero ai Tiburtini di restituire la Deposizione. Al rifiuto di quest’ultimi, Roma mise in campo un esercito per assediare Tivoli. La saracinesca di Porta Romana o Saracena fu chiusa, ed alle sue spalle fu fatto confluire il corso deviato del fiume Aniene. Una vecchietta ebbe l’incarico di colloquiare con i nemici una volta che questi si fossero avvicinati alla Porta. A questo punto la saracinesca fu aperta ed il fiume in piena, non più trattenuto, travolse i Romani che affogarono.
In un’altra versione però meno accreditata l’opera d’arte contesa sarebbe non la suddetta Deposizione Lignea ma il Trittico del Salvatore (entrambe sono custoditi e visibili nella Cattedrale di Tivoli). Secondo la tradizione da quell’evento tragico i Tiburtini soprannominarono volgarmente i Romani (affogati nell’Aniene) “Caca all’acqua” (ossia che defecano in acqua).
Costoro, animati da spirito di vendetta, aspettavano che i Tiburtini andassero a Roma per marchiarli a fuoco sulla fronte; di qui il detto “Tiburtini cotti in fronte”. La leggenda metropolitana di parte narra però che, consci della cosa, i Tiburtini escogitarono uno stratagemma: dissero ad alcuni abitanti di Castel S.Angelo (oggi Castel Madama) di dichiarare di essere di Tivoli, entrando a Roma, altrimenti non sarebbero passati. Così costoro fecero e furono “cotti in fronte” mentre i Tiburtini, furbamente, si salvarono.
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