Il costume a Tivoli e nella Valle d’Aniene

Gli artisti di fine Ottocento e primi Novecento furono molto attratti oltre che dalle bellezze naturali di Tivoli, Anticoli Corrado e altri paesi della Valle d’Aniene, anche dall’espressione somatica degli uomini locali (caratterizzata dal colore ambrato di chi lavora la terra) e dalla straordinaria bellezza delle donne del posto; sia gli uni che le altre avevano un portamento superbo che veniva messo in risalto dai costumi indossati quotidianamente (di fatica) e da quelli più eleganti dei giorni festivi.
Non esistevano infatti vestiti, come gli attuali, spersonalizzati e genericamente simili; allora, fino alla fine del XIX sec. ed inizio del XX, il costume indossato rivelava ad un attento osservatore molte cose: di quale paese era la persona che lo portava, la sua condizione sociale ecc. Perfino un nastro tra i capelli “parlava” e diceva, a seconda di come era intrecciato tra i capelli, se la donna che lo mostrava era vedova o da maritare o coniugata.


Ingrandisce foto Bridgens - costume di Tivoli

Gli artisti come Pinelli, Strutt, Benoist, Delpech, Closs, Ferrari, Marroni e molti altri dipinsero queste donne e questi uomini in costume ritraendoli nelle occupazioni quotidiane ed avendo come sfondo il paesaggio tipico del loro paese; nel caso di Tivoli le figure avevano come sfondo i templi dell’Acropoli o i resti degli acquedotti romani. Tale interesse era infatti rispondente alle curiosità, suscitate dalla vista della popolazione locale così vestita, dei viaggiatori-artisti del Grand Tour di fine XIX sec.

Costoro, visitando Napoli e Roma con i loro dintorni (mete preferite del Tour), ritraevano nei loro disegni le fattezze di quelle donne che, in costume, vendevano le violette a Piazza di Spagna o i prodotti del loro orto sotto il portico di Ottavia nel ghetto ebraico oppure di quelle che, essendo di corporatura prosperosa, giungevano dai loro paesi (Montecelio, Palombara, Sambuci), per fare le balie ai “signorini”di città. Ritraevano pure gli uomini locali intenti ai lavori di campagna o quando stanchi ne tornavano, così pure quando in occasione del Natale, vestiti da zampognari, giungevano a rallegrare la gente di città.


Ingrandisce foto Ferrari - costume di Castel Madama

Il grande Goethe in “Viaggio in Italia” mise in evidenza proprio questo aspetto folkloristico della popolazione mentre era intenta a sbrigare le faccende quotidiane. Per tutti questi motivi divenne moda, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, dipingere soggetti in costume sullo sfondo naturale del loro ambiente.

Un anticipatore dell’interesse verso il costume fu nel lontano 1783 nientemeno che Ferdinando IV, re di Napoli, il quale promosse uno studio in merito anche se circoscritto ai confini del suo regno. Già dal XVIII sec. i pittori avevano sentito il bisogno di rappresentare figure in costume aventi come sfondo paesaggi naturali; poi però durante l’Ottocento gli artisti iniziarono a dipingere raccolte di immagini di costumi popolari (compresa la Valle d’Aniene) in quanto chi visitava l’Italia, oltre a riportare in patria quali souvenir le raffigurazioni pittoriche delle attrattive artistico-culturali viste (immortalate ad es. dal Piranesi) desiderava anche tornare a casa con disegni delle popolazioni locali, rappresentate nel costume tipico quotidiano (ben presto però gli artisti impegnati in tali raccolte persero l’originalità e le immagini divennero ripetitive e sterili).

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