Nel Codice Topografico Tiburtino del Lanciani si ricorda come nei terreni di proprietà del Sig. De Matthias (sotto i quali erano collocati i resti della Villa di Cassio), grazie agli scavi condotti dal De Angelis tra il 1773 ed il 1775, siano stati riportati alla luce diversi tesori, tra cui, oltre al famoso ciclo delle Muse, una "statua egizia con sua testa ed altra testa egizia" poi acquistate dal cardinale Albani.
In realtà si tratta di due statue e di una testa (tutte in marmo grigio e databili al II sec. d.C.) raffiguranti il dio greco-egiziano Horus-Zeus Casios, ritratto con la tipica corona hemhem sul capo, simbolo di gioventù e del trionfo del sole sulle tenebre. I tre ogetti sono oggi esposti nei musei vaticani, nella Sala IV del Museo Gregoriano Egizio.
Nella villa fu ritrovato anche un bellissimo mosaico nilotico ed un coccodrillo di marmo nero a testimoniare il forte richiamo alla cultura orientale tanto cara ad Adriano.
Proprio la presenza di oggetti egittizzanti hanno portato Pierre Chuvin e Jean Yoyotte ad ipotizzare l'esistenza di un tempio di Zeus Casios a Tivoli, proprio nei pressi della Villa di Cassio nel cui nome si dovrebbe ravvisare una reminiscenza con l'epiteto del dio.
Il culto di Zeus-Casios, la cui origine sembra sia da ricondursi ad un'antica divinità siriana da cui riprese gli aspetti giovanili (solitamente attribuiti al solo Apollo fra le divinità greche), era praticato nell'antica Pelusio, una città costiera ad est di Alessandria situata dove oggi si apre il canale di Suez.
Il tempio dedicato al dio, del quale sono stati rinvenuti alcuni elementi architettonici (parecchie colonne alte otto metri e un architrave colossale con iscrizione dedicatoria di Adriano), era collocato sulla sommità del Monte Casio, rilievo che segnava il confine tra Egitto e Siria. Flavio Giuseppe (De bello Iudaicum IV, 661) cita questo tempio, precisando che, nel 70 d.C., Tito vi aveva stabilito nei pressi un accampamento in previsione dell'attacco a Gerusalemme.
Secondo le fonti storiche Adriano, giunto a Pelusio tra il 129 ed il 130 d.C. (da dove si sarebbe imbarcato per la risalita del Nilo nel corso della quale avrebbe trovato la morte Antinoo) salì di notte sul Monte Casio (secondo alcuni per ammirare l'alba dalla sommità della cima, per altri in segno di devozione verso Zeus Casios cui l'imperatore aveva dedicato molta attenzione durante i suoi viaggi in Oriente) ma durante il sacrificio rituale scoppiò un temporale con tuoni e fulmini, uno dei quali colpì sia il sacerdote che la vittima.
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