Ricordata anche dallo Zappi nella seconda metà del XVI sec., la Deposizione di Tivoli (realizzata in legno di pioppo, rivestito da pergamena e tela dipinta, di cui si conservano solo alcune tracce) è stata oggetto di una lunga storia critica essendo una delle realizzazioni più significative della statuaria lignea medievale. Il De Francovich nel lontano 1943 l’ha considerata “un capolavoro della scultura medievale”; avendo individuato una notevole assonanza stilistica con la Madonna lignea di Prete Martino conservata a Berlino, proveniente da San Sepolcro e datata 1199, ne ha fissato la realizzazione ai primi del Duecento. M. Burrosi poi ha individuato un gruppo omogeneo di opere lignee molto affini (per schema iconografico, per ideazione costruttiva e per stile) il che sarebbe spiegabile solo con la ipotesi, abbastanza realistica, di una maestranza specializzata presente ed operante in Italia centrale nella prima metà del secolo XIII.
Essa avrebbe realizzato le Deposizioni di Tivoli, del Duomo di Pisa, di Volterra, di Vicopisano, di Barga, di Roncione, di Pescia, di San Miniato e Roccatamburo. Gli artisti realizzatori erano forse appartenenti all’area stilistica e culturale gravitante intorno a Pisa ed a Lucca; qui infatti, verso la fine del XII sec. e l’inizio del Duecento, le culture mediterranee europee pervennero a contatto con maestranze provenienti dalla Grecia e dalla Lombardia.
Osservando la Deposizione tiburtina, un occhio esperto coglie nei corpi appena accennati delle figure longilinee un certo retaggio di derivazione francese (a Pisa, come in altre parti di Europa, era giunta infatti la cultura di tipo borgognone, ben individuabile nel Cristo nella Deposizione del Duomo) mentre nel modellato uniforme e compatto rintraccia l’ influenza lombarda (in particolare di Benedetto Antelami) che tuttavia si apre alla narratività e descrittività di derivazione greca. Alcuni studiosi invece propendono ad avvicinare il gruppo ligneo tiburtino alle due arcifamose figure della Vergine e di S.Giovanni Evangelista del Museo di Cluny (anch’esse databili agli inizi del XIII sec.). P. Della Pergola coglie nella Deposizione tiburtina l’affiorare di “un filone sotterraneo di classicismo” (tipico di uno scultore laziale).
Il prof. C. Pierattini nel 1983 è giunto ad interessanti conclusioni: mentre non trova riscontro di verità storica al pervenire misterioso a Tivoli della Deposizione a dorso di cammelli (riportato dallo Zappi) per lui molto realistica appare l’ipotesi che un “atelier”, ubicato a Tivoli e qui operante tra il 1220 ed il 1250, abbia realizzato uno svariato numero di gruppi lignei di Deposizioni. Analizzando i vari gruppi lignei statuari noti, egli ha infatti individuato due diverse tipologie di raffigurazioni: la Schiodatura e la Deposizione; queste due tipologie rivelano “canoni e tecniche distinte”.
Secondo il Pierattini il gruppo di Tivoli sarebbe stato il primo esemplare della tipologia della Deposizione realizzato a Tivoli essendosi temporaneamente insediata nella tiburtina Chiesa di S.Pietro alla Carità una comunità cistercense. Non si deve infatti dimenticare che Bernardo di Chiaravalle, principale esponente del predetto Ordine, attribuiva un ruolo preponderante alla simbologia della Croce, ruolo che ben corrisponde al significato della Deposizione, che chiaramente è tutta incentrata sulla Croce.
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