Il ponte è caratterizzato da un'unica arcata a tutto sesto, che ai primi del XX sec. era integra. Oggi ne resta solo un tratto essendo crollata la parte settentrionale durante i combatimenti della II Guerra. È andata così perduta la ghiera di conci radiali sul lato Nord.
L'arcata è compresa fra due massicce spalle di opus quadratum (opera quadrata) con ossatura in caementicium: una ai piedi di colle del Pero, l'altra alle pendici dell'altura di S. Pastore. Il ponte è formato da 17 filari di blocchi bugnati a forma di parallelepipedi di "lapis gabinus" (la famosa pietra gabina).
L'altezza massima misurata dal piano del fosso è di 10 m. Sulla carreggiata, che raggiunge la larghezza di mt. 5,65 con parapetti di cm. 60, di cui rimangono solo tratti del filare inferiore, è ancora visibile il basolato del'antica via romana.
L'archeologo inglese Thomas Ashby, nei suoi noti volumi su gli acquedotti dell'antica Roma, riporta la descrizione anche del viottolo (restaurato nel 1968 dalla Provincia di Roma) che ricalca il tracciato, ancora perfettamente basolato e delimitato dalle crepidini (semplici gradini di un marciapiede), della via Prenestina che, scendendo da Cavamonte, subito prima di imboccare il ponte descriveva un'ampia curva.
Questo sito, appartenente al comune di Gallicano nel Lazio, fa parte di un itinerario di grande interesse, oltre che archeologico, paesaggistico e faunistico che attraversa un territorio tra i più affascinanti della provincia romana, in un suggestivo ambiente naturale, solcato anticamente anche da ben quattro degli acquedotti pubblici di Roma (l'Anius Vetus, l'Aqua Marcia, l'Aqua Claudia e l'Anius Novus), a ridosso della Tagliata di S. Maria di Cavamonte e della storica tenuta di S. Pastore, raggiungibile da un'area attrezzata appositamente allestita.