Un vanto tiburtino: la fabbricazione della carta d'amianto
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L'Ottocento è un secolo che vide Tivoli all'avanguardia in molti campi (basta da solo il primato in base al quale fu la prima città illuminata con le lampadine ed a mandare l'energia elettrica alla stessa Roma). Un altro suo vanto, legato al XIX sec., fu la fabbricazione della carta di amianto considerata per il suo pregio particolarmente adatta a quei documenti che, essendo importanti, richiedevano un'accurata conservazione. Tale carta era incombustibile e quindi garantiva ancora di più tale sicura conservazione. L'idea di realizzarla è però antecedente all'Ottocento; dobbiamo risalire all'ultimo decennio del Seicento, precisamente al 1691, per trovare l'ideatore, un alto prelato, Mons.Giovanni Ciampini. Costui esperimentò la creazione di fogli ottenuti mescolando a fibre vegetali i residui di fibre minerali che si depositavano all'interno dei grandi vasconi dove veniva lavato l'amianto (noto già agli antichi Romani che, pur non riuscendo a fare il tessuto di amianto, sapevano filarlo). In seguito ai primi del XIX sec., siamo ormai nel 1808, l'idea di Mons. Ciampini fu fatta propria da Candida Lena Perpetui; così a Milano fu fabbricata questa carta incombustibile. Chiaramente, all'inizio, la sua realizzazione non era al meglio: infatti i fogli erano abbastanza friabili e poco consistenti ma, attraverso degli accorgimenti, i risultati migliorarono. La gomma arabica aggiunta alla primitiva mistura fece sì che la carta ottenuta fosse più consistente e sbiancata, in una parola più idonea per essere scritta e stampata.
Tempio di Vesta e della Sibilla
Un successivo passo per migliorarla fu fatto nel 1868 dal canonico D.Vittorio del Corona il che fece balenare al Marchese Augusto di Baviera (futuro direttore dell'Osservatore Romano) l'idea (dopo una serie di esperimenti fatti a Tivoli) di sfruttarla industrialmente. Nel 1869 avanzò domanda per ottenerne il brevetto insieme al predetto canonico e, una volta che tale diritto gli fu concesso (24/7/1869), iniziò a Tivoli la fabbricazione industriale della carta incombustibile ottenuta attraverso due procedimenti. Il primo prevedeva di collocare per due giorni in un bagno di acido idroclorico gli avanzi di amianto non adatti ad essere filati; per attutire il colore giallognolo della materia occorreva fare molti lavaggi.
Al termine di essi il residuo colore andava eliminato usando acqua di cloruro di calce e poi acqua acidulata con acido solforico; poi si passava a tritare la materia nei cilindri per ottenerne una pasta a cui si aggiungeva poca fecola di patata cotte; a questo punto era pronta per essere lavorata. Il secondo procedimento prevedeva invece di mettere per due giorni "l'asbesto in un bagno di acido clolorico del commercio" cambiando spesso l'acqua onde eliminare il predetto colore giallognolo. Si passava poi a tritare in cilindri di bronzo versandovi "4 l. di acqua di cloruro di calce e, dopo trenta minuti, 1 l. di acido solforico per ogni cilindrata". A metà triturazione occorreva aprire "lo sciacquo" e "purgare il pesto dagli acidi".
La musa Thalia
A questo punto occorreva aggiungere fecola di patate cotte (5 libre ogni 100 di pesto) amalgamando bene; la carta era così pronta per essere lavorata a mano o a machina. Il Marchese propose di utilizzare tale carta d'amianto non solo per i documenti da conservare ma anche per i titoli cambiari. Dalle pagine dell'Osservatore Romano iniziò una campagna di promozione per quella tela e carta incombustibile che le cartiere di Tivoli fabbricavano. Ad appoggiarne l'impiego erano anche illustri personaggi come il dr. Francesco Ratti e Padre Angelo Secchi della Compagnia di Gesù (colui che fece interessanti osservazioni sul pianeta Marte) i quali sottolineavano il pregio di questa carta inattaccabile dal fuoco.
Le carte di amianto di Tivoli, di tessuti e di filo furono oggetto anche di una mostra-mercato a Roma dall'ottobre del 1869 al febbraio 1870 allestita presso la sede del giornale vaticano in Via dei Crociferi 48. Purtroppo però gli avvenimenti del 1870 (Roma capitale, estensione dell'unità d'Italia, sgretolamento dello Stato Pontificio) comportarono delle conseguenze politiche, economiche, sociali che in parte provocarono degli sconvolgimenti dalle lunghe e diverse conseguenze.
In Italia è stata vietata la produzione e la commercializzazione dell'amianto perchè pericoloso per la salute.