Il tempo libero: passeggiate, giochi e giocattoli

I Romani, quando non avevano nulla da fare (assistere a circenses, a spettacoli teatrali), passavano il tempo libero passeggiando, giocando, frequentando le terme. Spesso, anche se era vietato circolare in vettura durante il giorno, si andava a dorso di mula a zonzo fendendo la calca che affollava le strade oppure si utilizzava la "letica" (lettiga) trasportata da sei o otto servi siriaci o la "sella" (portantina), su cui si poteva persino scrivere e leggere, o semplicemente il "chiramaxium" (carriola a mano). Per godere un po' di effettivo riposo "acustico" i Romani andavano a passeggiare nei giardini imperiali gentilmente concessi dal sovrano, nei Fori, nelle basiliche libere da udienze giudiziarie. Bellissimo era per loro passeggiare sotto i portici; a questo proposito occorre ricordare quello che Augusto fece costruire dedicandolo alla propria sorella Ottavia. Esso inglobava col suo recinto i templi dedicati a Giove e a Giunone; ma molti altri templi erano posti nelle sue vicinanze così come vi erano altri portici importanti quali quello di Pompeo, quello degli Argonauti, di Europa, delle Cento colonne. Tali portici permettevano ai Romani di passeggiare all'ombra, tra la vegetazione ammirando gli affreschi che ne ricoprivano le pareti e le statue che le ornavano opera di Fidia, di Prassitele ecc. Passeggiando formavano crocicchi, parlavano delle ultime novità, criticavano. La loro grande passione era però il gioco d'azzardo proibito da sempre tranne che nel periodo dei Saturnali (corrispondente al nostro Carnevale). Chi veniva sorpreso a giocare pagava come multa una somma corrispondente al quadruplo della posta.


Ingrandisce foto Bambola romana

Erano invece ammesse le sponsiones (scommesse) fatte nel corso dei giochi sportivi (corse del circo e combattimenti tra gladiatori). Era invece vietato giocare d'azzardo a dadi (aleae), ad ossicini (tali), a testa o croce (navia aut capita), a pari e dispari ( par aut impar). Un gioco d'azzardo si basava sulla scommessa relativa al numero pari o dispari degli ossicini o dei sassolini o delle noci che il giocatore nascondeva o in una ciotola o in una borsa ecc. Tollerato era invece il gioco della morra (micatio). Sotto la dinastia degli Antonini non ci si nascondeva più per giocarvi. Era vietato giocare ai dadi.

Essi erano di due tipi: gli astragali, chiamati "tali" ( bastoncini allungati costituiti dagli ossicini del tarso di pecore od altri animali ma spesso realizzati in bronzo o in oro; avevano 4 figure dipinte sui quattro lati di ogni astragale) e le tesserae (simili ai nostri dadi con 6 facce). Si giocava gettando sul tavolo da un bussolotto (pyrgus, turricula o fritillus) quattro astragali per volta ed erano possibili le varie combinazioni. Quella più fortunata era chiamata "il colpo di Venere"(tractius venerius" o semplicemente "Venus") e si otteneva quando i quattro astragali si presentavano con 4 facce con un valore diverso. Con i dadi invece si giocava gettandoli 2 o 3 per volta.


Affresco romano

Poi c'era il trictrac (duodecim scripta), c'erano le pedine (calculi) corrispondenti alla nostra dama, mentre gli scacchi romani (latrunculi) erano ritenuti troppo complicati ed ingombranti. Spesso si ricorreva, per giocare a dama ove si era, alle tabulae lusoriae cioè a tracciare sul pavimento una illusoria scacchiera . Il giuoco delle noci consisteva nello spaccare una noce senza schiacciarla e chiaramente era lecito come altri piccoli passatempi all'inizio innocenti ma poi col tempo divenuti mezzi per poste clandestine. Si giocava d'azzardo nel retrobottega delle locande (cauponae), delle osterie (thermopolia). La legge puniva i giocatori d'azzardo considerandoli ladri ma non puniva il gestore del locale dove si giocava.

Fra i divertimenti collettivi molto praticati erano i giochi con la palla quali il trigon, in cui tre giocatori, disposti ai vertici di un triangolo si lanciavano con una piccola rete o con le mani una piccola palla di crine, l'arpasto (harpastum), un gioco molto violento che prevedeva anche mischie. Nel Campo Marzio in genere si praticavano l'equitazione per i giovani di buona famiglia, la corsa a piedi e tutte le atre attività all'aperto. Presso le terme si aveva la possibilità di irrobustire il corpo con esercizi ginnici ed il nuoto. I Romani non conoscevano gli sport di montagna né tanto meno il ballo (severamente interdetto agli uomini; dare del ballerino ad un romano significava insultarlo gravemente). Anche per una ragazza di buona famiglia era sconveniente una tale esibizione in pubblico.

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