Il funerale

Quando una persona moriva il consanguineo più stretto si chinava sul cadavere per dargli un bacio; con tale gesto, secondo la tradizione, raccoglieva lo spirito del congiunto appena defunto. Poi gli metteva in bocca una moneta poiché il nocchiero Caronte voleva essere pagato per traghettarlo nell'Averno o Ade. Tale obolo, che i Greci chiamavano nailon (vale a dire denaro speso per il passaggio sul naus, la nave), doveva essere lasciato nella bocca del defunto prima di seppellirlo.
Talvolta Caronte, che traghettava i morti attraverso l'Acheronte, lo Stige ed altri fiumi infernali, portava anche qualche persona viva ma non accettava i defunti che non avessero ricevuto sulla terra gli onori della sepoltura prima che queste ombre avessero errato per cento anni sulle rive dell'Acheronte.

Ritratto funerario
Ritratto funerario

L'Averno è un lago della Campania formatosi in un cratere vulcanico dei Campi Flegrei.
Le esalazioni solforose che ne uscivano fecero pensare agli antichi che qui fosse situato l'ingresso del regno infernale. Il vocabolo Averno deriva dal greco Aornos ,"senza uccelli", di cui era privo il regno dei morti.

Quando Roma entrò a contatto con la civiltà greca in parte modificò la sua concezione sull'Oltretomba che fu visto costituito da due parti: i Campi Elisi dove andavano a finire le anime elette ed il Tartaro dove prevaleva l'oscurità ed abitavano i Titani ribelli a Zeus. Qui venivano puniti tra i tormenti i malvagi. Virgilio descrisse il Tartaro circondato da mura impenetrabili e dalle correnti impetuose ed ardenti del fiume Flegetonte.
L'ombra del defunto raggiungeva gli antenati (i Mani) nell'oltretomba; costoro erano considerati numi tutelari, erano onorati con libagioni di latte e di vino e con feste dette Parentalia, celebrate dal 18 al 21 febbraio di ogni anno.


Ingrandisce foto Particolare di un sepolcro tiburtino

Nell'età arcaica a Roma i defunti si seppellivano; in seguito però prevalse la cremazione che, fino al II sec.d.C., fu praticata diffusamente tranne qualche eccezione: chi moriva colpito da un fulmine e chi moriva appena venuto alla luce non poteva essere cremato.

Nel caso della cremazione il congiunto provvedeva ad accendere la pira su cui bruciava il cadavere;

al termine le ossa venivano lavate con latte e vino, messe in un'urna e collocate nel sepolcro il quale precedentemente era stato reso sacro grazie ad un sacrificio offerto agli dei dell'Ade (in genere un maiale).

Può sembrare un po' macabro per noi uomini moderni sapere che al termine della collocazione del cadavere nel sepolcro si banchettava sul posto. Con l'avvento dell'impero tornò ad essere molto praticata l'inumazione in genere riservata ai defunti poveri mentre quelli ricchi preferivano la cremazione che richiedeva più dispendio di denaro. Accanto alle tombe individuali dei facoltosi vi erano quelle collettive dette colombari (costruzioni funerarie costituite da gruppi di loculi affiancati e sovrapposti nei quali si deponevano le bare o le cassette con le ossa di salme esumate).

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