Accanto a Venere Ericina i Romani avevano fatto proprio un altro dio greco, Priapo, garante della fertilità; quest'ultimo, raffigurato con un enorme fallo, era talmente popolare che veniva riprodotto anche in esemplari di lampade di terracotta di dubbio valore estetico. Il tempio di Venere Eracina era inizialmente sorto per ospitare le adultere che qui venivano sottoposte al pubblico ed infamante stupro come voleva la condanna emessa per il loro adulterio. Proprio per non farsi incriminare come adultere alcune, a partire dal I sec.d.C., preferirono farsi registrare come prostitute. I lupanari non erano certamente lussuosi né puliti; dipinti-catalogo ricoprivano le pareti di stretti cubicula (camere da letto). In questo Pompei testimonia ampiamente. Anche la moralità delle donne patrizie e ricche era molto discutibile (basti ricordare Lesbia, la donna di Catullo, e Messalina, moglie di Claudio, imperatore della dinastia Giulio-Claudia) perché molte non disdegnavano di prosituirsi di quando in quando in questi sordidi luoghi di commercio carnale. Né mancavano situazioni ancora più discutibili: spesso ricche matrone gestivano nelle loro domus(casa patrizia ad un solo piano) dei "ritrovi" privati aperti ai propri uomini di famiglia.
Accanto a tali usi amorali vi erano poi altri comportamenti abbastanza discutibili adottati persino da alcuni imperatori. Chi non ricorda l'estrosità ambigua di Caligola (dinastia Giulio-Claudia) ma soprattutto di Elagabalo (dinastia dei Severi)? Quest'ultimo soprattutto andava in giro con le labbra e gli occhi truccati, fasciato in tuniche di seta ed ornato con mille gioielli femminei; i banchetti che offriva ai suoi ospiti si svolgevano sotto l'incessante cadere dal soffitto di una miriade di petali profumati di rose, i suoi fiori preferiti.
I romani erano ambosessi e nessuno se ne scandalizzava; lo stesso poeta Catullo, che nei suoi Carmi aveva sospirato d'amore per la sua Lesbia, non nascondeva le sue avventure galanti omosessuali né tanto meno il grande Cicerone, celebre avvocato ed uomo politico, autore delle celeberrime Filippiche, delle Catilinarie e di tante altre famose opere, celava il suo interesse per il proprio servo-segretario; così faceva Orazio propagatore del motto "carpe diem"(afferra il giorno ovvero prendi tutto ciò che la vita ti dà giorno per giorno perché la vita è breve) e così faceva Virgilio, il creatore dell'Eneide, il poema romano destinato a bilanciare la fama greca dell'Iliade e dell'Odissea. Insomma non era vergogna l'omosessualità attiva mentre veniva disprezzata la passiva. Ad Antinoo, morto affogato nelle acque del Nilo, l'imperatore Adriano nella sua Villa Adriana di Tivoli volle dedicare persino un tempio, recentemente riportato alla luce, divinizzando il giovane verso cui tanta passione provava e ciò malgrado il sovrano fosse sposato con Giulia Vibia. Anche in Grecia la pederastia era accettata e guardata di buon'occhio se il rapporto si stabiliva tra un adulto ed un adolescente in quanto il primo doveva aiutare il secondo a crescere intellettualmente, a formarsi; era invece condannata la relazione omosessuale tra due adulti o tra due ragazzi. Roma, conquistando la Grecia politicamente, rimase conquistata dalla sua cultura, dalla sua arte e dal suo pensiero (Graecia capta cepit Romam: la Grecia conquistata conquistò Roma) ed in parte ne esasperò le tradizioni come in questo campo esaltando sopra ogni cosa il piacere ottenuto sia da rapporti con l'altro sesso sia quello con lo stesso sesso senza limitazioni purchè attivo tanto che ad esempio dall'esercito romano erano allontanati i legionari omosessuali passivi. La donna, essendo passiva, era quindi non molto considerata ritenendola un essere completamente soggetto all'uomo.