Arsoli: dal XIV al XX secolo

Arsoli fu poi di altre potenti famiglie nobili: in primis gli Orsini quindi dei loro acerrimi nemici, i Colonna. Divenne poi degli Zambeccari, una famiglia di nobili bolognesi che provvide a restaurare nel 1555 il castello, saccheggiato e ridotto in rovina dalle soldatesche straniere di passaggio di Carlo V. I difficili però rapporti degli arsolani con gli Zambeccari indussero quest'ultimi a disfarsi del feudo vendolo nel 1574 alla nobile famiglia romana.dei Massimo, consigliati da San Filippo Neri, amico di Fabrizio Massimo, e confessore di famiglia. Il nuovo proprietario mise subito mano ai lavori di ampliamento del castello, restaurò tutte le chiese. Nel 1591, con la collaborazione degli abitanti, edificò l'acquedotto di Fonte Petricca. Ormai Fabrizio si era ingraziato gli arsolanianche perchè obiettivamente fu un bravo feudatario tanto che nel 1584 concesse uno Statuto o meglio degli Statuti aiutato dal giureconsulto Luca Peto (un romano molto esimio nel suo campo tanto che per molto tempo gli furono affidate alti incarichi amministrativi). Costui era talmente rinomato giuridicamente che fu sua la revisione degli Statuta Urbis. Nella compilazione statutaria arsolana fu aiutato da un arsolano, tale Carlo Belli, eletto rappresentante della popolazione locale riunitasi in assemblea il 1579 nella chiesa di San Lorenzo.

Centro storico di Arsoli
Ingrandisce foto Centro storico

Da ciò si evince la lungimiranza di Fabrizio Massimo, che, anticipando i tempi e democraticamente, volle che lo stesso popolo collaborasse alla stesura dello Statuto. Lo Statuto arsolano, ratificato poi dal notaio Benedetto De Amicis, non contemplò solo i contenuti tipici degli statuti rurali (che dettavano regole per la vita agraria e il diritto civile) ma regolò anche la convivenza in genere della popolazione. Venuto alla luce proprio nel tempo in cui esplosero la Riforma e la Controrifoma, lo Statuto emanato dal Massimo è impostato (come attesta l'introduzione) dal fatto che i problemi giuridici sono affrontati con un'impostazione morale. Approvato dall'illuminato feudatario e dai massari (che lo sottoscrissero l'8 giugno 1584), lo Statuto fu pubblicato venti giorni dopo. È composto da tre Libri. Nel primo, suddiviso in quarantadue capitoli (articoli), sono contemplate tutte le norme di carattere generale, di diritto pubblico, procedura civile e norme sui mestieri, pesi e misure. Nel secondo, ovvero Delli statuti criminali, vengono, nei quaranticinque capitoli che lo compongono, contemplate le norme penali. Nel terzo, di ventisette capitoli, ovvero Delli danni dati, vengono date le norme di polizia amministrativa.

Lo Statuto di Arsoli tratta anche reati come l' adulterio e lo stupro; come deterrente, introduce pene molto drastiche per i reati più gravi. La copia (derivata dall'originale nel 1606 per opera di Giovanni Pistoniense) è attualmente conservata presso l'Archivio di Stato di Roma.
Tristi tempi però si stavano avvicinando: nel 1591 il brigante Marco Sciarra mise a soqquadro il paese; nel 1656 scoppiò la peste che in soli novanta giorni decimò la popolazione riducendola da novecento a centoquarantacinque anime. Anche in quest'ultimo caso i Massimo si rivelarono ottimi feudatari. Per il rilancio demografico di Arsoli cercarono di rilanciare l'economia richiamando molte braccia a lavorare: aprirono una concia per le pelli, una fabbrica di materiali in argilla, una fabbrica di tessuti, un frantoio, una mola per la macinazione dei cereali. Inoltre fu creato il mercato settimanale ogni venerdì. Nel castello trovarono spazio una farmacia e un teatro.

Arsoli
Ingrandisce foto Palazzetto nel centro storico

Risale al 1668 il documento in cui è riportata la prima versione dello stemma arsolano: uno scudo tondo con al centro l'araba fenice sul rogo e la scritta Comunitas terrae arsolarum. Tale dicitura fu poi sostituita con quella ancora attuale Posta fata resurgo (malgrado il destino oppure dopo le avversità, risorgo). I Massimo, inizialmente marchesi e poi principi, fecero davvero risorgere Arsoli, che vide il passaggio, quali ospiti dei suoi signori al castello, di Giacomo III d'Inghilterra nel 1773, papa Gregorio XVI nel 1834, Giuseppe Garibaldi nell'aprile del 1849, nonché nel Novecento di Luigi Pirandello, Benito Mussolini ed il principe ereditario Umberto di Savoia (giunto qui in occasione di una visita alla cugina Adelaide di Savoia Genova che aveva sposato il principe Leone Massimo).

Scoppiata la II guerra mondiale anche Arsoli fu coinvolta dai tragici eventi essendo divenuta città ospedaliera tedesca: qui venivano portati i soldati feriti nel lungo assedio all'Abbazia di Montecassino nonché quelli rimasti coinvolti dalle incursioni aeree degli Alleati.
Soltanto l'8 giugno 1944 (si celebrava la festa del corpus Domini) il paese fu liberato dai nazisti.

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