Nella cava l'estrazione era fatta dagli schiavi ma anche da individui liberi e particolarmente indigenti; erano quest'ultimi i cosiddetti QUADRATARII, cioè uomini addetti ad estrarre i quadrati di pietra. Dall'estrazione in blocchi quadrati di travertino deriva la denominazione di VIA QUADRATA per indicare nel Medioevo un tratto dell'antica Via Tiburtina compreso tra le Acque Albule e la cava del Barco; tale itinerario correva a Nord della cava ed è interessante sapere che fino al 1950 era ricalcato da una strada bianca. I carrettieri che trasportavano il travertino e le varie merci erano chiamati JUMENTARII (giumentari essendo i loro carri trainati da buoi).


Ingrandisce foto Tempio di Vesta e della Sibilla

Molto interessanti sono alcuni blocchi abbandonati sul posto sui quali sono chiaramente visibili i segni lasciati dagli strumenti usati per l'estrazione: la BIPENNIS (scure a due tagli) ed il male-e-peggio. Siccome non sono stati trovati segni riferibili all'uso della martellina si è capito che la lavorazione del travertino avveniva lontano dal luogo di estrazione presso cantieri ove lavoravano maestranze specializzate.

L'apertura della cava del Barco dovrebbe essere databile al III sec. a.C. poiché a questa epoca sarebbero riconducibilis, secondo il prof. F.C.Giuliani, i blocchi di tufo e di travertino impiegati in alcuni tratti dell'Acropoli tiburtina. Il travertino fu per l'antica Tivoli motivo di ricchezza unitamente all'agricoltura; poi però la moda edilizia cambiò. Durante l'età media imperiale gli edifici non furono più totalmente realizzati in travertino e quindi la richiesta della pregiata pietra diminuì fino a che nell'epoca tardo-antica la cava del Barco fu chiusa essendo il costo estrattivo troppo caro.

Casale di Ippolito II
Ingrandisce foto Casale di Ippolito II

Le Acque Albule, inalveate dai romani, vagavano disordinatamente per la campagna ed un ramo principale di esse precipitava nel fondo della predetta cava causandone l'impaludamento. Fu il cardinale Ippolito II d'Este nel XVI sec. a convogliarle in un canale che da lui prese il nome. In questo secolo la cava del Barco fu riaperta in quanto occorreva estrarre il travertino per impiegarlo nella faraonica costruzione della chiesa di S.Pietro a Roma.

Per ovviare all'enorme richiesta furono aperte anche altre cave alle Fosse e alle Caprine edificando anche casali ove ospitare le maestranze e la manodopera impiegata nella lavorazione dei pezzi di travertino. La Curia romana sborsò molti denari per far fronte ai pagamenti legati alla fornitura del travertino come il Cascioli riporta nella "Bibliografia di Tivoli". Il papa Paolo III nel 1538 donò il tratto dell'Aniene compreso tra Ponte Lucano e la confluenza col Tevere alla "Reverenda Fabrica"per facilitare il trasporto del travertino e sempre per la stessa ragione fu ripulito nel 1539 l'alveo dell'Aniene per riattivare la navigazione fluviale ed il trasporto dei blocchi o dei pezzi lavorati. Le nuove cave, molto vicine al Ponte Lucano, furono chiamate Latomie recentes per distinguerle da quelle veteres (vecchie) del Barco. Ippolito II d'Este nella seconda metà del XVI sec. fece del Barco un Parco (di qui il toponimo) in cui cacciare costruendo sul margine settentrionale della vecchia cava perfino un bel casale.

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