La cava del Barco

Un monumento unico, imponente e senza dubbio il più ricco di fascino è la cava del Barco che occupa un'area scavata di ca. 500 mila mq. E' stato stimato, grazie ad uno studio fatto dal Lanciani, che da questa cava sarebbero stati estratti oltre 5 milioni e mezzo di metri cubi di travertino destinato all'edificazione di edifici e di monumenti della Roma imperiale; tra essi possiamo citare il rivestimento dell'anfiteatro Flavio meglio noto come il Colosseo. La pietra che si estraeva dalla cava del Barco era chiamata LAPIS TIBURTINUS ed era molto ricercata perché era particolarmente resistente alle intemperie, al fuoco (nell'antica Roma gli incendi erano giornalieri e distruggevano numerosissime Insulae, vale a dire edifici a più piani abitati dai plebei, e ricche Domus, case patrizie ad un solo livello).

Cava di travertino
Ingrandisce foto Cava di travertino

Il travertino tiburtino inoltre era resistente ai pesi essendo molto duro; proprio per quest'ultima particolarità era molto costoso perché richiedeva una lunga lavorazione dopo un'altrettanto lunga estrazione.

Questi due ultimi fattori influivano sul prezzo della pietra che risultava piuttosto cara ma le sue qualità inducevano gli intenditori ad impiegarla nonostante il costo elevato. Vitruvio annovera il Lapis Tiburtinus tra i materiali provenienti dalle Lapidicinae temperatae (cave di pietra pronte per l'uso). Anche Plinio il Vecchio ne vanta le indiscusse qualità nelle sue opere così come fanno Procopio e Strabone, da loro apprendiamo che il travertino raggiungeva Roma per via fluviale: era trasportato con zattere che sfruttavano la corrente dell'Aniene e che poi venivano trainate da coppie di buoi che camminavano sulla vicina sponda nei tratti in cui l'acqua del fiume era piuttosto stagnante.


Ingrandisce foto Castel S.Angelo

Quando poi l'antica Via Tiburtina fu ampliata, e ciò avvenne verso il 30 a.C., raggiungendo una larghezza di m.6,70 ottima per consentire il transito in senso inverso di carri carichi di blocchi di travertino, si rinunciò alla via fluviale per trasportarlo a Roma. Una comoda carreggiata doppia di quella della Via Appia e percorribile da una doppia fila di carriaggi collegava la cava del Barco alla vicina Via Tiburtina.

L'enorme richiesta del lapis tiburtinus fece sì che molto era il materiale di rifiuto prodotto nella cava del Barco; questo scarto veniva portato a grande distanza dalla predetta cava ed abbandonato a cumuli raggiungenti altezze anche elevate lungo la sponda dell'Aniene. Oggi sono ben visibili una serie di colline nate da predetti accumuli disposte parallelamente al corso del fiume.

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