Pur apprezzando che molti tiburtini lo incontrassero per fargli
onore, Garibaldi fu dispiaciuto che molti tra la gioventù
della Penisola non sentissero l'importanza di combattere per
la patria.
Luigi Coccanari ricevette l'ordine di organizzare la guerriglia
nel territorio tiburtino; queste bande armate, essendo l'esercito
del Re Ferdinando II vinto prima a Frascati e poi a Velletri
ed essendo costretto a ritirarsi, furono poi convogliate a
difendere Roma, attaccata dalle truppe francesi. Roma capitolava
il 30 giugno 1849; Garibaldi in fuga transitò di nuovo
a Tivoli accampandosi nello stesso identico luogo con i suoi
3000 uomini: fu chiesto alla nostra città di raccogliere
entro due ore 2000 scudi per favorire la ritirata ma la somma
trovata fu solo di 729 scudi. Garibaldi, dopo aver requisito
carri e cavalli disponibili, abbandonò Tivoli alla
volta di Terni. Pio IX, tornato al potere, emanò un'amnistia
dalla quale furono esclusi i membri della Costituente per
cui il Coccanari (insieme ad un altro deputato, il tiburtino
Giuseppe Lolli) andò in esilio a Marsiglia per evitare
il carcere.
Nel 1860 gli fu consentito di tornare a Tivoli dove, a capo del Comitato nazionale, iniziò il suo lavoro indirizzato a sensibilizzare la popolazione, a raccogliere armi e finanziamenti in vista del momento in cui, senza più la presenza delle truppe francesi a Roma, sarebbe stato possibile riprendere il vecchio progetto di unirla al resto d'Italia. Essendo stata la sua attività scoperta, fu di nuovo rimandato in esilio dove tuttavia continuò a collaborare con il Comitato nazionale.
Quando
le truppe italiane nel 1870 varcarono i confini dello Stato
pontificio, il 18 settembre corse a Tivoli, ormai libera e
formò una Giunta provvisoria di governo mentre Roma
capitolava il 20 settembre.
In realtà Tivoli non si era data molto da fare per
scrollarsi di dosso il potere pontificio ma si era limitata
a seguire gli eventi malgrado gli stimoli del Coccanari il
cui arrivo nella propria città fu tardivo essendo stato
preceduto, il 16 settembre, dal generale Cadorna, che (già
dal giorno 11 aveva varcato i confini dello Stato della Chiesa),
avanzando nel territorio tiburtino, trovò issato il
tricolore: Tivoli si era finalmente schierata.
Il 2 ottobre 1870 si svolse il suffragio universale per il
plebiscito legato all'annessione all'Italia. I risultati,
favorevoli all'annessione, misero però in luce anche
un forte astensionismo causato dall'influenza gesuitica e
dalla avversa propaganda dei clericali che sbandieravano come
spauracchio la leva militare obbligatoria sotto i Savoia e
l'aumento della tassazione. Nel 1870 si svolse una consultazione
amministrativa provinciale e forte fu lo scontro tra i liberali
ed i clericali; riuscirono a restare a galla persone che un
tempo avevano ricoperto cariche sotto il governo pontificio
(vedi ad esempio il Conte F. Bulgarini un tempo Gonfaloniere
e consigliere provinciale del regime pontificio ed ora eletto
alla medesima carica ma sotto il regime sabaudo). I risultati
si capovolsero solo nel 1895 a seguito della propaganda giornalistica
per cui vinse A. Baccelli (che riuscì anche nel 1897,nel
1904, nel 1909 e nel 1912).
L'evento, che però dette più lustro alla nostra
città, avvenne il 29 agosto 1886: fu inaugurato l'impianto
urbano di illuminazione elettrica realizzato dalla Società
per le forze idrauliche ad uso industriale ed agrario. Il
4 luglio 1892 fu realizzata la linea elettrica Tivoli-Roma:
Tivoli insomma è stata la prima città italiana
illuminata con l'energia elettrica ed ha illuminato grazie
all'Aniene anche Roma.