"Tiburis Urbis Historia" di Marco Antonio Nicodemi (parte seconda)

a cura di Roberto Borgia

Ritornando all'opera, ci deve venire allora ancora una volta in soccorso Vincenzo Pacifici per illustrarci la particolarità di questo testo conosciuto in unico esemplare e le sue caratteristiche:


Ingrandisce foto ..., ipsum [Tibur] ab Hercule
Osyridis filio conditum esse, pluribus
assequi videmur coniecturis. Is enim
...,ferina amictus pelle clavaque
armatus lignea ... (cap. IV, pag. 8)
(Particolare dell'affresco nella Prima
Stanza Tiburtina a Villa d'Este,
appartamento inferiore, 1569)

«Anche Antonio Del Re che scriveva sulle Antichità Tiburtine nei primissimi anni del 1600 come pure Francesco Marzi che imprimeva la sua Historia di Tivoli nel 1655, citando il Nicodemi dimostrano di non conoscere di più di quanto è contenuto nel volume dell'Alessandrina, del quale anche le nostre ricerche non sono riuscite a rinvenire altro esemplare. Come dunque spiegare una sorte così strana? Alcuni pensarono alla morte dell'autore, avvenuta prima che la stampa fosse compiuta, altri a vendette dei suoi nemici che ne distrussero tutte le copie, altre alla cattiva riuscita dell'edizione che consigliò di non ultimarla. Ma forse è a credersi che il Nicodemi, consegnato il manoscritto alla tipografia venisse ricevendo man mano i fogli stampati, e che per qualche incidente toccato allo stabilimento andassero distrutti manoscritto e stampa. Comunque sia l'esemplare unico che resta nell'Alessandrina è mutilo del frontespizio e conta 240 pagine in sedicesimo, cioè quindici fogli precisi, venendo a mancare proprio in pieno enunciato durante la narrazione degli avvenimenti che si svolgevano intorno al 1460. Pervenne a questa biblioteca dall'Aniciana del Collegio Gregoriano di Roma, dell'ordine di S. Benedetto, quando nel 1666 l'Aniciana passò all'Alessandrina.

Nella prima pagina reca infatti l'indicazione: «Est Bibliothecae Anicianae | Collegii Gregoriani de Urbe, ord. S. Benedicti»; in diverso carattere ha il nome dell'Autore: «Marci Antonii Nicodemi»; nel margine destro ha il bollo dell'Alessandrina. Nel foglio interno della legatura - che è in mezza pergamena con carta a scacchi verdi e azzurri ornati di piccole croci rosse e piccoli fasci di righe ondulate - ha la scritta del sec. XVIII: «Nicodemi Marci Antonii. Unicum quod extat exemplar Romae» e l'aggiunta del sec. XIX: «1585». V'è inoltre incollata una lista pur con carattere del sec. XIX recante le seguenti indicazioni: «V. Viola. Storia di Tivoli. To. I. p. 40; To. III p. 32. Forcella. Iscrizioni To. VII p. 394.». V'è allegata ancora una lettera del sindaco di Tivoli, Tomei, in data 22 agosto 1879 con la quale si risponde al bibliotecario dell'Alessandrina che a Tivoli non esiste alcun esemplare completo di questa storia. Il volume è distinto dalla segnatura: « - S. R. - ».


Ingrandisce foto Sancti Sabbae aedes
(Chiesa di S.Saba, sconsacrata
alla fine del XVI secolo),
cap. VII, pag. 15 (foto del 2012)

L'opera risulta scritta nel 1589, in quanto sulla fine del capitolo 25 dell'ultimo libro si legge: «anno hoc Sixti Quinti Pontificatus quarto» e nel capitolo 30 si ricorda un avvenimento del 1588: «anno 1588».
Per le poche notizie della vita di questo primo storico tiburtino rimando sempre al saggio di V. Pacifici del 1926, ricordando che quest'ultimo non trovò il nome del Nicodemi dopo il 1591 nei mortologi né in alcun altro documento locale. Pacifici suppone quindi che si spegnesse a Roma.
Riguardo al titolo dell'opera, mancando essa del frontespizio, abbiamo preferito seguire Pacifici (che a sua volta segue il titolo presente nel manoscritto di Raffaele del Re del 1907) che trae il titolo stesso dalle prime righe del proemio: «Tiburis Urbis Historia». Nel catalogo dell'Alessandrina e nel catalogo delle opere italiane del secolo XVI si riporta invece come titolo quello che appare nella prima pagina dell'opera, ma che si riferisce solo al libro primo: «Primae pentadis liber primus. Tiburis initia ad senatus Tiburtini originem complectitur».
La storia di Tivoli del Nicodemi, copre, in questo primo libro, il periodo leggendario dalla fondazione dell'antica Tibur fino alla guerra del Latini contro Enea.

In appendice abbiamo anche riportato il falso testo «Berosi sacerdotis chaldaici Antiquitatum libri quinque », un'ingegnosa falsificazione pubblicata nel 1498, e più volte ristampata, del frate domenicano Annio da Viterbo (alias umanistico di Giovanni Nanni, 1437-1502). L'opera fa parte dei «Co[m]mentaria fratris Ioannis Annii Viterbe[n]sis ordinis p[rae]dicator[um] theologic[arum] p[ro]fessoris super opera diuersorum auctorum de antiquitatibus loquentiu[m] confecta finiunt », (Roma: Eucharius Silber, 1498) e riporta la cronaca, elencando diciotto Re di Babilonia, dal diluvio universale in poi con citazioni dei condottieri e governanti dei territori conosciuti. Il falso testo di Beroso fu utilizzato dal Nicodemi per tracciare la figura di Noè e di Ercole Libico, il mitico fondatore di Tivoli.
La pubblicazione dell'opera in copia anastatica è stata concessa dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali-Biblioteca Universitaria Alessandrina con autorizzazione del 5 aprile 2013 ai sensi della normativa vigente (L. 14.01.1993, n. 4, Decreto MBBCCAA del 31.01.1994, n.171; Tariffario in applicazione della L. 14/01. 1993, Circolare n. 50 del 07.06.1995 del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e dell'art. 108 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, D. leg. 22 gennaio 1904, n. 42). L'opera appartiene alla Biblioteca Universitaria Alessandrina di Roma, con divieto di ulteriore riproduzione o duplicazione con qualsiasi altro mezzo.

(dicembre 2013)

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