Villa di Quintilio Varo

Fin dal X secolo compare la denominazione fundus Quintiliolus da mettere in relazione con i Quintilii Vari. Si è pensato a Q.Varo, critico letterario cremonese, legato da amicizia con i poeti Virgilio e Orazio o a P.Quintilio Varo, erede del precedente, morto suicida nel IX secolo d.C. In realtà, le indagini archeologiche testimoniano che il grosso degli interventi costruttivi nella Villa non risalgono né all'epoca del primo né all'età del secondo, ma si collocano in piena età imperiale. Ciò ha invitato il Mari a supporre che il proprietario possa essere proprio un esponente della classe imperiale, eminente e facoltoso in considerazione dell'estensione e della ricchezza dei materiali decorativi impiegati nella costruzione.


Ingrandisce foto Villa di Quintilio Varo

La Villa di Quintilio Varo, dopo Villa Adriana, è senz'altro la seconda per estensione del territorio tiburtino. Questa villa, che si estende per quasi sei ettari di superficie, posta su un colle, aveva ad est la splendida veduta di Tibur e del Santuario di Ercole Vincitore. La residenza mostra, nel tempo, evidenti tracce di rimaneggiamenti che ci fanno capire come i vari edifici non furono tutti costruiti contemporaneamente, ma durante un periodo piuttosto lungo, che va dalla fine dell'età repubblicana ad almeno il II secolo d.C.

Il corpo principale dell'edificio, composto da due grandi platee rettangolari, si insedia su un edificio rustico di modesta estensione collocato sul versante ovest del promontorio di Quintiliolo. Si distinguono interventi in opus incertum di calcare e in opera reticolata riconducibili ai vari interventi costruttivi. Senza l'ausilio di una pianta è impossibile descrivere esattamente, con semplicità, le funzioni dei vari ambienti. Va comunque precisata la presenza nell'angolo Sud-Est di una piscina per l'allevamento ittico. A Nord di questa è una terrazza sostenuta per tre lati da un criptoportico .


Ingrandisce foto Interno della Villa

Un altro nucleo della villa, diversamente orientato rispetto al precedente sorge costeggiando la strada moderna, è a Est. All'estremità opposta di esso restano ambienti aggiunti successivamente. Sul lato Sud si apre un'altra terrazza per il giardinaggio. La Villa usufruiva di due acquedotti. Alla II fase edilizia (fine del I e primi decenni del II secolo d.C.) sono da ascrivere i grossi interventi di ampliamento della struttura.

A partire dal Rinascimento essa divenne meta di numerosi ricercatori, che fecero incetta della "breccia quintilina", detta anche "breccia di Tivoli", una rara pietra che si rinveniva in quantità notevole fra quelle adoperate nei rivestimenti della villa di Quintilio Varo. Dall'area della villa provengono materiali vari scoperti nel corso di scavi regolamentari e abusivi, più numerosi questi ultimi per il lungo stato di mancata cura e sorveglianza del sito.
Tali attività di scavo sono testimoniate anche dal Rinaldi (in "Guida a Tivoli divisa in 2 parti descritta dal Can.co D. Stanislao Rinaldi" del 1855) che riporta come "furono in diversi tempi dissosterrate statue, colonne, musaici pellegrini, e nel secolo passato dal Cardinal Montino in gran quantità quella pietra di pregio, che chiamasi breccia di Quintiliolo"

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