Riportiamo alcune pagine del "Viaggio Antiquario ne' contorni di Roma" (1819) dove Antonio Nibby descrive le Grotte di Nettuno e delle Sirene e la Villa di Manlio Volpisco.
"Cominceremo questo viaggio dallo scendere alla grotta di Nettuno posta sotto la rupe, sopra la quale sono il tempio di Vesta, ed il preteso tempio della Sibilla. Si scende a questa grotta per una commoda strada, a molti ripiani, tagliata nel masso della rupe, e resa agiata, e sicura dal Conte Miollis Generale delle truppe Francesi stazionate negli Stati Romani, l'anno 1808.
Prima la strada non solo era più incommoda, ma sovente si aveano esempi funesti di persone che attirati da una troppo imprudente curiosità erano cadute in quell'abbisso. Questa strada è adombrata da viti, e fiancheggiata da fiori, ed arbusti, che unitamente alla bellezza naturale del sito la rendono molto amena, e deliziosa. Si giunge alla fine in vista della caverna, che le acque stesse hanno scavato per trovarsi una uscita.
Dentro questo antro si vedono insieme con orrore, e con piacere precipitare con impeto le acque dell'Aniene divenute bianche come la spuma, le quali formano mille giuochi, e si disciolgono in spruzzi così minuti, che sembrano nebbia.
Dirimpetto si vede un'altra caduta di acqua egualmente magnifica, che viene come neve a precipitarsi in questa stessa profondità.
Circa il nome di grotta di Nettuno, è questo totalmente moderno; non è ben certo, se gli antichi conoscessero questa grotta; ma tuttavia mi si permetterà l'asserire, che la Domus Albuneae resonantis di Orazio può convenire a questa grotta, giacchè piuttosto, che immaginare con questa espressione nominato da Orazio il tempio della Sibilla Albunea, o Tiburtina, che egli probabilmente non conosceva, è assai più verosimile, che volesse intendere di alcuna grotta con caduta di acqua, nella quale facevasi abitare la ninfa di questo stesso nome.?
Dopo avere ammirato questo spettacolo magnifico della natura, risalendo un poco, e deviando a destra, si scende per una strada meno commoda, e meno sicura, ma egualmente amena, ad un'altra grotta più profonda ancora, cui i moderni, per il piacere, che si prova nell'andarvi, e per il pericolo, dal quale questo è accompagnato, diedero il nome di grotta delle Sirene. Ivi le acque riunite dell'Aniene, dopo la prima gran caduta, e dopo quella della grotta di Nettuno, vanno a perdersi in una voragine per quindi ricomparire nella deliziosa valle sottoposta a Tivoli, dove l'Aniene serpeggia in mezzo agli orti, ed alla verdura.
Risalendo, e prendendo a destra, si osservano ancora gli avanzi della villa di Manlio Vopisco, della quale parla Stazio, Sylv. I. § III., ponendola appunto sopra questa specie di ponte naturale, che l'Aniene stesso si è scavato. Cioè la villa di questo Manlio Vopisco era nel luogo dove il fiume deponeva la sua rabbia, vale a dire dove risorge ad inaffiare la valle Tiburtina, e si estendeva sulle due ripe di esso senza essere dal fiume divisa, appunto per il ponte naturale descritto di sopra. Tutta quella poesia di Stazio va letta poichè si vedono ivi poeticamente, e fedelmente descritti questi contorni tali quali anche oggi si riconoscono, ed io l'avrei quì volontieri inserita se essa non fosse troppo lunga. Gli avanzi della villa di Vopisco sono di opera reticolata, e meno la celebrità del nome, che portarono, e di chi la descrisse non porgono alcuna cosa, che meriti osservazione."
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