Sul lato a ridosso della confinante chiesa di S.Maria Maggiore è collocata la prima delle Fontane della Villa: la fontana di Venere incastonata in una nicchia delimitata da quattro colonne mentre sulla sommità, al centro, è posto un busto marmoreo dell’imperatore Costantino (per altri Onorio) databile al XVI sec. tranne la testa molto antica e realizzata nel IV sec. d. C. Il monumentale nicchione (inserito in un magnifico arco di trionfo realizzato in travertino dal maestro fiorentino Raffaello Sangallo) ha rilievi a stucco di Curzio Maccarone che rappresentano la sorgente e la discesa dal colle di S.Angelo dell’acqua Rivellese nell’agro tiburtino, acqua che fu portata a Tivoli e nella Villa estense con acquedotti murati lunghi 2 miglia dal Card. Ippolito II d’Este tra il 1560 ed il 1565.
Rami carichi di mele cotogne e foglie si rincorrono lungo il margine interno del nicchione. E’ fin troppo evidente il loro messaggio: rimandano alla penultima fatica di Ercole quando, il più grande eroe greco figlio di Zeus e di Alcmena, dovette recarsi nell’ Occidente a rubare le mele d’oro (dono di Gea a Era, sposa di Zeus) custodite dal drago Ladone nel giardino delle Esperidi (ninfe figlie di Espero o Adamante).
Uccidendo il drago, Ercole portò al termine la sua undicesima fatica. Il ricorso a tale mito si spiega col fatto che gli Estensi consideravano Ercole il leggendario fondatore della loro potente Famiglia. In particolare il cardinale Ippolito sentiva il grande eroe greco molto simile a sé perché, come Eracle aveva affrontato le mitiche dodici fatiche ordinategli da Euristeo, così anche lui aveva “faticato” un bel po’ per portare a termine la realizzazione della Villa di Tivoli. Ecco perché in questa fontana viene anticipata l’esaltazione erculea che si ritrova in più parti nel giardino e nel palazzo. Né è da sottacere che il culto di Ercole era particolarmente radicato nella Tivoli pagana tanto che a lui era dedicato l’enorme Santuario di Ercole Vincitore, i cui resti si trovano quasi a ridosso della Villa estense.
Tornando alla fontana in questione occorre soffermarsi a parlare della statua in marmo bianco di Venere, lunga m. 2,45, collocata nella parte inferiore del nicchione. La dea appare coricata a terra, volta verso sinistra, con la mano destra sul seno e con il piede destro posato sul sinistro; una leggera veste vela la parte mediana del corpo della dea che appare dormiente al margine di un bosco da cui fuoriesce dell’acqua che finisce nella sottostante vasca (in realtà un sarcofago romano). Con tutta probabilità la statua è di arte romana del II-III sec. d.C. mentre la testa è di epoca anteriore. Il sarcofago, in marmo bianco, che fa da vasca è anch’esso di età romana del II d.C.
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