Occupava, come riporta l'IGM, tutto il Colle di Santo Stefano in quanto si estendeva sulla sommità di questo colle, più alto degli altri attigui (m. 152 s.l.m) e dominava il sottostante fosso di Ponte Terra.
Godeva di un panorama unico sull'antica Tibur, sulla vicina Villa imperiale di Adriano tanto da esserne a lungo stata erroneamente creduta una dependance. Solo grazie al Baddeley, alll'Asbhy e al Lanciani - siamo alla fine del XIX secolo, inizio XX - si riuscì a capire che non era una dependence ma una villa autonoma.
Sembra che la sua origine sia di età repubblicana come attesterebbe il criptoportico mentre il portico sarebbe databile al periodo imperiale.
Un resoconto delle pitture schematiche e geometriche parietali del criptoportico ci viene fornito dal Baddeley (riquadri delimitati da foglie color arancio sullo sfondo bianco).
Il Sebastiani riuscì nel 1825 a ravvisare figure scolorite di tre o quattro poeti greci con i nomi graffiti (poi donati al cav. F. Barberini). Ma, oltre a un peristilio, circondato da colonne e da un certo numero di piccole stanze e da una fontana, sono stati individuati un terrazzamento a contrafforti, resti di un acquedotto, una cisterna e una grande piscina ellittica, circondata da quattro canali di misura diversa.
C'è poi il c.d. Sacrario, un edificio rettangolare di metri 10,3 per 8 circa con tre nicchie (una su ogni lato), avendo il Baddeley rinvenuto qui una lapide marmorea con inciso lucu sanctu (luogo santo).
Un'altra piscina di forma trapeizodale (forse per esigenze dell'andamento digradante del terreno) è situata a un centinaio di metri dalla piscina ellittica.
Non mancano resti di altre costruzioni così come si evidenziano anche strutture di epoca medievale: la chiesa di Santo Stefano a tre navate, il battistero esagonale. Zaccaria Mari in Tibur, Pars Quarta (Leo S. Olschki editore, 1991), da cui sono state desunte e le informazioni qui riportate succintamente e a cui rimandiamo per una lettura più approfondita ed esaustiva, da pag. 237 a 244 riferisce che qui sono stati rinvenuti nel 1899 tre frammenti epigrafici recanti i nomi dei proprietari della villa: il console C. Iulius Plancius Varus Cornutus che detenne il consolato nel 100 con Plinio il Giovane, e il console Vibius Varus essendo imperatore Adriano.
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