La chiesa di Santo Stefano ai Ferri sorge entro la cinta muraria dell'antica Tibur, in seguito fulcro della città medievale e nucleo territoriale a continuità abitativa. Sembra che la chiesa sia stata impiantata in un'area dedicata al culto Isiaco sfruttando come fondamenta parti delle mura romane. La perdita della primitiva destinazione d'uso rende oggi difficile individuare la chiesa alla quale si sono addossati edifici privati. La tradizione attribuisce la fondazione di questa chiesa a Papa Simplicio (468-483) promotore del culto di Santo Stefano a Roma e nel Lazio, ma non si hanno riscontri per supportare questa ipotesi. La prima testimonianza dell'esistenza della chiesa si ha nella biografia di papa Leone III (795-816) il quale donò i paramenti sacri. Intorno al XI - XII secolo fu ristrutturata la facciata (ancora ben conservata) con cortina regolare in laterizi, cornici marcapiano aggettanti di riutilizzo da edifici romani; due colonne, anch'esse di riutilizzo, sono ai lati del portale d'ingresso. La chiesa custodiva tre altari consacrati a S.Antonio Abate, a S.Stefano ed a S.Nicolò vescovo di Mira. Per qualche tempo venne chiamata S.Antonio ed era un edificio molto isolato in quanto non vi erano case adiacenti mentre oggi risulta circondato da abitazioni e case-torri. Molti sono i pavimenti sepolcrali qui presenti. L'architettura della chiesa è ancora ben mantenuta. Si entrava nel luogo sacro attraverso un atrio realizzato con due colonne sulla fronte. Sui due capitelli era (ed è)collocato un architrave il quale scaricava (e scarica) lateralmente su dei pilastri. Detto architrave e la cornice, ad esso sovrastante, dividono la facciata in due parti orizzontalmente.
Nella parte superiore si aprono tre archi a sesto ribassato, realizzati in mattoni e corrispondenti alle sottostanti colonne e ai sottostanti pilastri. Sotto tali archi c'erano due bifore laterali e una trifora centrale più grande. Durante il Quattrocento però si apportarono delle modifiche: le due bifore furono chiuse ed al loro posto si lasciarono due finestre, realizzate in travertino ed ad arco a tutto sesto, un po' aggettanti poggiando su delle mensole a loro volta sostenenti una soglia. La trifora invece fu completamente murata. Molto bella la dentatura di travertino (collocata tra mattoni rossi posti a sega) del coronamento superiore.
Perso, a causa dei bombardamenti durante l'ultima guerra mondiale, è invece l'originario tetto a capriata. Un'abitazione civile ha occupato il piano posto sopra il coronamento il che ha prolungato la facciata originaria. La chiesa è costituita da una navata centrale con unica abside semicircolare. Un'apertura secondaria era sulla parete destra e su quella sinistra con un grande arco. Secondo G. U. Petrocchi, attraverso l'ingresso secondario a sinistra che immetteva su vicolo dei Palatini, avveniva il passaggio dei cavalieri in partenza per la crociata. Nel XIII - XIV sec. furono aggiunte due cappelle. Sulla destra fu inserita una cappellina quadrata dedicata alla Natività (poi a S.Stefano), affrescata con scene di vita di Santo Stefano e temi neotestamentari (Natività, Dormitio Virginis). Tali affreschi, restaurati intorno al 1909-1910 a cura della Soprintendenza ai monumenti del Lazio, rappresentano una delle più interessanti testimonianze della pittura trecentesca a Tivoli.
In essi la scelta di dividere le figurazioni in riquadri sovrapposti e l'ambientazione architettonica con elementi decorativi ispirati ai motivi cosmateschi, ricordano l'impronta giottesca. La cappella a partire dal XVI secolo fu adibita a sacrestia. Sulla sinistra, invece, fu costruita una cappellina (oggi scomparsa) intitolata all'Annunziata addossata all'arcata laterale che immetteva su vicolo dei Palatini. Ma osserviamo meglio l'interno della chiesa. Sulla destra si trova il campanile mentre nella navata sulla parete sinistra sono in parte ancora visibili alcuni resti degli affreschi del XII sec.
Osservandoli si individuano, secondo il Petrocchi, i crociati che, con scudi e cavalli riccamente bardati, sono disposti in fila. Essendo la chiesa molto isolata (e situata in un'area medievale importante dietro l'abside esisteva il banco del giudice sediale), i crociati avevano la possibilità di accedervi con i loro cavalli per ottenere la benedizione prima di partire per la cristiana e pericolosa missione. Entravano nella chiesa attraverso il cosiddetto arco della Cappella dell'Annunziata, situato sulla sinistra entrando. Colpisce il grande arco decorato, il quale si staglia in fondo alla parete. La cappella è attualmente scomparsa ed era situata sempre sulla sinistra presso l'abside comunicando con la navata grazie al predetto arco. La cappella di S.Stefano, per qualche tempo sacrestia, presenta un ciclo di affreschi del XIV sec. e sulla volta ospita i simboli dei quattro evangelisti. L'affresco sulla vita di S.Stefano è quasi perfettamente conservato su di una parete; il ciclo della leggenda del predetto santo, racchiuso in una sagomatura gotica a sesto acuto, è ripartito in sette episodi raggruppati due a due in sei "caselle"orizzontali mentre il settimo è incasellato nella sommità. Proprio per il prevalere del gusto gotico qui presente, tale cappella è stata chiamata anche cappella gotica o cappella Pacifici (gli attuali proprietari da oltre 130 anni). Tali affreschi sono stati realizzati da autori vari ma tuttavia riconducibili alla scuola romana trecentesca che subì l'influenza del grande Giotto. Nella I° scena, posta alla sommità, sono dipinti Antioco e Perpetua che essendo sterili chiedono a Dio un figlio, la cui imminente nascita è preannunciata da un angelo che li invita a chiamare il bimbo col nome Stefano. Nella II° scena è raffigurata la balia che culla il piccino (in realtà il demonio identificabile perché ha le corna) mentre in realtà il vero Stefano è stato rapito e portato presso l'abitazione del vescovo Giuliano. Nella III° il bambino è qui ritratto mentre viene allattato da una cerva, mentre sullo sfondo è dipinto il mare con la sua fauna (la Giudea lontana è simboleggiata così). Stefano istruito da Giuliano appare nella IV° scena. Nella V° un angelo gli appare e gli ordina di annunciare alle genti il vangelo cosa che fa in Asia. Nella VI scena è dipinto un uomo che precipita da un pinnacolo ma viene guarito dal Santo. La VII° è putroppo incompleta essendo caduto l'intonaco. Nella parete con finestra è invece dipinta la scena della Natività. Sulla destra è raffigurata la Dormitio Virginis tra il folto gruppo degli Apostoli mentre S.Tommaso aiuta lo spirito di Maria a raggiungere le braccia di Cristo. Su un'altra parete è la raffigurazione della Crocifissione; l'iconografia è rispettata in pieno infatti ai piedi della croce sono ritratti la Madonna e S.Giovanni. Nel XVII sec Papa Paolo V (1605-1621) affidò la chiesa in cura ai Padri Somaschi che l'abbandonarono poco dopo cosicché intorno al 1637 - fine XVIII secolo perse il titolo di parrocchia. Fu affidata quindi ai Frati Ospitalieri di Sant'Antonio di Vienna che realizzarono alcune opere decorative ma non di consolidamento. Nel 1840, passata all'Accademia dei Nobili ecclesiastici, fu adibita a teatro, poi a granaio e infine a laboratorio artistico. A partire dalla seconda metà XIX - prima metà XX secolo l'edificio fu utilizzato come abitazione civile, inglobando l'antico campanile romanico. I bombardamenti del maggio del 1944 ne distrussero il tetto a capriate.
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