L’olio va conservato al riparo della luce (in contenitori chiusi preferibilmente di acciaio inox che hanno il pregio di poter essere lavati con una grande facilità) ed in un ambiente fresco a ca. 14° C; infatti l’olio va incontro ad una velocissima ossidazione che ne altera in parte il colore ed il sapore se viene sottoposto a sbalzi di temperatura e di luce. E’ abbastanza deperibile infatti dopo 18-24 mesi dalla macinatura perde il suo aroma, cambia di colore, non conserva gli antiossidanti e la vitamina E che lo arricchiscono. Per questo motivo è consigliabile consumarlo entro 4-6 mesi dalla spremitura.
Non così facile invece era in passato conservare l’olio. Per molto tempo gli antichi utilizzavano dei recipienti di terracotta molto simili alle giare; erano chiamati i doli.
Per trasportarlo invece si travasava nelle anfore che, una volta svuotate venivano abbandonate (il Testaccio, da “testa”o cocci, è una collina romana artificiale nel senso che si è formata per l’accumularsi dei cocci qui gettati). Successivamente furono utilizzati gli otri in pelle e le botti di legno (dal III sec.d.C.).
Le olive erano conservate presso i Romani anche in salamoia fino al momento di essere consumate (quindi denocciolate, tritate, aromatizzate e mescolate con il miele).
I Romani praticavano anche un altro modo di conservazione: sceglievano le olive migliori che fatte asciugare per un giorno, venivano riposte in un “fiscolo” ovvero in un sacco di tela poi venivano schiacciate e lasciate sotto pressa per tutta una notte.
Il giorno seguente si provvedeva a sminuzzarle e a condirle con sale ed aromi, quindi si riponevano in un vaso colmo d’olio. Erano così pronte per essere consumate in qualsiasi momento. Con una salagione di 30-40 giorni i Romani ottenevano anche delle conserve nere.
Poi con l’introduzione del camino nelle abitazioni medievali, mutò la tecnica di conservazione dell’ oliva che, messa in canestri appesi presso la cappa o in sacchetti di tela, veniva affumicata essendo situata sopra il focolare.
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