La consacrazione della chiesa a San Giovanni Battista risale probabilmente ai Longobardi (lett. “uomini dalle lunghe barde o lance”) i quali erano molto devoti a questo Santo. La denominazione invece “in Argentella” può essere collegata al fatto che la sorgente della “Valle Lunga” era in prossimità o addirittura in collegamento con la villa o il tempio che qui sorgeva in epoca romana. Gli studiosi non sono d’accordo su chi la utilizzò e sul come “San Giovanni in Argentella” fu adoperata. Alcuni (Luttazzi, Silvi, Tarchi) la considerano di origine orientale (a causa della croce greca col simbolo basiliano posta sopra l’attuale ingresso della chiesa). Invece la Enking la ritiene fondata ed utilizzata sempre dai monaci benedettini basandosi, oltre che su documenti storici rinvenuti presso la Diocesi sabina e tiburtina, anche sulle incisioni situate sui bracci della Croce (CSPB, vale a dire Crux Sancti Patris Benedicti, ossia Croce del Santo Padre Benedetto).
Immersa in una lussureggiante vegetazione, la chiesa, sorta su un preesistente edificio bizantino (IV sec.), fu in parte edificata sotto i Longobardi nell’VIII secolo utilizzando molti materiali sottratti ad una villa romana poco lontana; subì rifacimenti nell’XI sec. e fu poi ricostruita nel Duecento.
Di grande interesse sono le ipotesi avanzate dalla citata R.Enking ed esposte nel suo trattato del 1974 riguardante il complesso in questione.
Costei infatti sostiene che in origine qui sorgeva una villa o un tempio (epoca romana). In seguito vi fu innalzato un oratorio benedettino, i cui resti murari sono stati riportati alla luce negli anni Settanta mentre si smantellava la pavimentazione tardobarocca della chiesa. Tale oratorio dovrebbe essere databile in epoca chiaramente successiva al 529, anno in cui S.Benedetto, fondatore del monachesimo occidentale, edificò su un antico tempio pagano, che sorgeva sulla cima del Montecassino, il celebre monastero distrutto durante la seconda guerra mondiale e poi ricostruito sul primitivo modello.
Su questo oratorio benedettino, al tempo dei Longobardi che invasero la Penisola italica strappandola in parte ai Bizantini (di qui la divisione in Langobardia ed in Romania), fu innalzato, come predetto, il secondo edificio utilizzato nell’VIII e IX sec.
Interessanti conclusioni sono state tirate dalla citata studiosa che ha individuato un notevole e stretto legame tra le particolarità architettoniche spoletine (il ducato di Spoleto e quello di Benevento erano infatti in mano ai Longobardi oltre a tutta l’Italia Settentrionale) e i fregi, la cripta, il ciborio, l’altare maggiore di questo secondo edificio di Argentella.
La terza ristrutturazione, avvenuta come predetto in epoca romanica arcaica, ha provveduto a rendere la chiesa così come attualmente appare: un imponente edificio in stile romanico con copertura a capriate scoperte.
Dal 1284 al 1445 l'Abbazia fu retta dai Guglielmiti per incarico del cardinale e signore di Palombara, Jacopo Savelli cui il Vescovo della Sabina, Bianchi, aveva affidato il complesso in seguito alla decadenza del monachesimo. Successivamente l’Abbazia fu data in commenda.
Nel 1895 l’Abbazia fu dichiarata monumento nazionale per le opere in essa conservate e per la sua architettura.
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