"Tivoli nella Camera degli sposi" di Andrea Mantegna (seconda parte)

a cura di Roberto Borgia

Abbiamo già scritto che sulla parete ovest della Camera degli sposi, meravigliosa stanza del piano nobile del torrione nord est del castello di San Giorgio a Mantova, è rappresentata la corte mantovana al momento di ricevere un'inattesa missiva da parte di Bianca Maria Visconti Sforza. La duchessa milanese invita Ludovico III Gonzaga, alias Ludovico II o Luigi III detto Il Turco (1412-1478) a recarsi immediatamente al capezzale del marito. Il compito del marchese, luogotenente generale di Francesco Sforza, era quello di garantire l'eventuale successione del primogenito del duca, Galeazzo Maria. Quel giorno però, 1 gennaio 1462, la famiglia Gonzaga si apprestava a festeggiare il secondogenito Francesco, di recente nominato cardinale da papa Pio II e proveniente da Milano.
Sono questi gli anni di massimo prestigio per Mantova, dove viene ospitato l'omonimo Congresso, tenutosi in città dal 27 maggio 1459 al 19 gennaio 1460, convocato da Papa Pio II per lanciare una crociata contro gli Ottomani, che avevano conquistato Costantinopoli alcuni anni prima. Come ricompensa Ludovico ricevette dal Papa l'onorificenza della Rosa d'Oro e il figlio Francesco divenne cardinale.


Ingrandisce foto Particolare della costruzione della Rocca Pia

L'umanista Enea Silvio Piccolomini, salito al Pontificato come Pio II (1458-1464) e successore di Callisto III Borgia (1455-1458) aveva infatti adottato come programma del suo pontificato tre grandi progetti: la Crociata contro i Turchi , la pace in Europa tra le nazioni cristiane e la restaurazione del potere pontificio, indebolito e contestato da baroni locali e da comunità turbolente e rissose. Quando divenne papa, il 19 agosto 1458, la situazione italiana era preoccupante: cinque anni prima Costantinopoli era caduta nelle mani di Maometto II, e la scomparsa dell'Impero Bizantino d'Oriente aveva duramente impressionato gli stati italiani e la nazioni europee.
Il trauma fu particolarmente sentito soprattutto dagli ambienti umanistici, e quindi anche dal Piccolomini, allora vescovo, che, spinto dall'emozione, scrisse il Dialogus, trattato dialogico in cui si riflette sia sull'autorità morale del papato, sia sulla necessità di una crociata volta a frenare l'avanzata ottomana.

L'Impero Turco puntava ora direttamente verso la sbigottita Europa. Pochi giorni dopo l'elezione a pontefice, arrivò a Pio II la notizia che anche Atene era caduta e la bandiera della Mezzaluna sventolava sull'acropoli. Poi i Turchi dilagarono verso settentrione, lungo le coste balcaniche e il mare Adriatico, appena ostacolati dalla flotta veneziana e da un pugno di cristiani albanesi, guidati da Giorgio Scanderbeg. Era dunque necessaria una crociata, che impegnasse nella difesa il fior fiore degli eserciti europei; ma, a delusione del papa, che allo scopo aveva convocato il Congresso di Mantova, le gelosie e i sospetti reciproci dei partecipanti apparivano insuperabili, mentre negli stessi Stati della Chiesa l'autorità papale era scossa da guerre, sedizioni e prepotenze.

Ma ritornando alla parete ovest, vediamo l'affresco dell'incontro del marchese con il figlio Francesco, avvenuto a Bozzolo lo stesso 1 gennaio 1462. Il cardinale tiene nella mano destra una lettera, probabilmente la medesima recapitata al padre nella scena della Corte e nella sinistra la mano del fratello Ludovico (futuro vescovo), che accompagna il nipote Sigismondo (futuro cardinale). Ludovico III ha al proprio fianco il piccolo Francesco (futuro IV marchese). Il padre di quest'ultimo, Federico I, si trova all'estremità destra della scena, addossato ad un pilastro. Di fronte al terzo marchese di Mantova, è stato riconosciuto l'imperatore Federico III d'Asburgo e, tra i due, il re di Danimarca Cristiano I di Oldenburgo.
La presenza dell'imperatore serve a ribadire la fedeltà che gli porta il committente dell'opera.

L'episodio dell'Incontro, nella realtà dei fatti verificatosi nei pressi di Mantova, viene invece ambientato da Andrea Mantegna alle porte di Roma: si riconosce la piramide di Caio Cestio, il Colosseo, Castel Sant'Angelo messo in alto, così da raffigurare Roma come una collina. Sullo sfondo sono state delineati i centri urbani di Tivoli, Palestrina, Tuscolo, Palombara Sabina. Questi paesaggi romani sottolineano la devozione dei Gonzaga alla Chiesa ed il fascino delle rovine classiche, idealizzate dall'Umanesimo, eleva culturalmente i marchesi. Inoltre queste vedute architettoniche danno indicazioni cronologiche per datare l'evento: la fortezza in costruzione alla destra dell'arco roccioso è infatti la Rocca Pia di Tivoli (di cui riproduciamo il particolare, mentre in alto a destra è rappresenta l'acropoli di Palestrina), voluta da Pio II nell'agosto del 1461, come ci documentano le lettere dell'ambasciatore dei Gonzaga, mentre il confidente della marchesa Barbara aggiungeva ulteriori dettagli. Si desume dal passo dialettale di questo confidente che al tempo di Callisto III i tiburtini avevano gettato a terra la fortezza precedente, dopo averla acquistata per duemila ducati, forse dalla Camera Apostolica o anche dall'ormai decaduto monastero di S. Clemente, con l'illusione di divenire in tal modo padroni del loro destino. La notizia della costruzione aveva dovuto colpire particolarmente il Mantegna, che non avendo visto quella che poi sarà chiamata Rocca Pia, raffigura l'edificazione del torrione con quattro lati invece che rotondo, com'esso è in effetti.

(luglio 2018)

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