Con gli artisti più affermati del genere collaborò alla decorazione di numerose dimore dell'aristocrazia romana. Di questa produzione ormai decontestualizzata e dispersa nelle raccolte di tutto il mondo, è difficile percepire l'originaria valenza estetica che, combinata ai dipinti di genere diverso, ai parati ed agli arredi di materiali preziosi, doveva contribuire all'obiettivo di armonia ed unità ispirata ai codici di gusto dell'epoca. Verosimilmente le immagini del Locatelli sono il frutto di una cultura complessa, corrispondente a precisi riferimenti letterari, filosofici e figurativi condivisi nei circoli arcadici del'epoca, secondo l'idea di unità delle arti espresse dal verso oraziano ut pictura poësis.
Di ciò potrebbero essere indizio le stesse ispirazioni letterarie del Locatelli, delle quali, benché non ne sia rimasta traccia, informa la didascalia apposta dal pittore (meglio noto appunto come caricaturista) Pier Leone Ghezzi (1674-1755) alla caricatura del pittore eseguita nel
1728; d'altra parte se abbiamo citato Salvator Rosa, occorre ricordare che l'artista napoletano fu autore di satire ed epigrammi, oltre che raffinato musicista.
Apprendista presso il padre, pittore quasi ignoto, all'età di dodici anni circa, il Locatelli passò nello studio di Monsù Alto (1686-1712), pittore di marine, la cui limitatissima produzione attualmente nota fa supporre che introducesse il giovane ad una variante del paesaggio seicentesco, influenzato dalle tematiche di Salvator Rosa. Il successivo apprendistato insieme con il pittore romano Paolo Anesi (1697-1773) presso Bernardino Vincenzo Fergioni (1674-1738), anch'esso allievo di Monsù Alto e pittore di marine, non risulta nelle vite manoscritte del fiorentino storico dell'arte e collezionista Francesco Maria Niccolò Gaburri (1676-1742), erroneamente indicato come fonte della notizia.
Da Gaburri risulta invece che il Locatelli, seguendo il percorso consueto per i paesaggisti dell'epoca, studiasse figura con l'altro romano Biagio Puccini (1673/1675-1721), autore di dipinti sacri per varie chiese romane. A questo aspetto della sua formazione potrebbe aver contribuito Pietro Locatelli o Lucatelli
(1634-1610/1619), forse suo parente, pittore cortonesco e accademico di S. Luca, attivo in chiese romane ed in Toscana.
Di quest'ultimo ricordiamo a Roma, nella Chiesa di S. Agostino, le storie di Santa Rita e gli affreschi della volta. La precoce fama del Locatelli di cui stiamo parlando (Andrea) anche come pittore di figura è confermata dalla partecipazione, nel 1715, alle decorazioni del palazzo al Corso di Francesco Maria Ruspoli. Al purtroppo perduto complesso di paesaggi, marine e scene di genere, realizzato da una squadra internazionale di specialisti come A. Marchi (sec. XVII-XVIII) e François Simonot (1660-1731) detto "Monsù Francesco Borgognone", il Locatelli contribuì infatti realizzando soltanto le figure di una stanza per le quali ricevette un salario corrispondente a quello degli artisti più anziani ed affermati.
Ma ora lo spazio per presentare questo olio su tela "Paesaggio bucolico presso il ponte dei Plautii a Tivoli", cm. 70 x 132, in esposizione presso l'antiquario Cesare Lampronti in Via del Babuino, 174/175 a Roma, una tela superba con tutti i temi arcadici cari a Locatelli.
Il sepolcro
dei Plauzi con ponte Lucano è uno dei temi tiburtini più rappresentati dagli artisti dopo il Tempio di Vesta. Lo stato attuale della zona, l'incuria, il menefreghismo di noi tiburtini non possono che far gridare vendetta per come abbiamo fatto ridurre uno dei temi più cari agli artisti di ogni tempo.