Nelle Mostra "Le bellezze di Tivoli nelle immagini e negli scritti del Grand Tour", che rimarrà aperta nel Museo della città di Tivoli in Piazza Campitelli fino al 31 ottobre 2017, sono presenti, per gentile concessione della Galleria 90 di Tivoli, un'acquaforte di Jacok Philipp Hackert (1737-1807), Vue du temple de la Sibile à Tivoli prise au dessus de la grande Cascade, incisore George Abraham Hackert (1755-1805), 1780; una di George Ledwell Taylor (1788-1873), Tivoli, incisore J. F. Lambert, 1821, e, sempre con la tecnica dell'acquaforte, una Veduta del Tempio della Sibilla esistente nella Città di Tivoli, da un'incisione di Pietro Parboni (1783-1841), databile dopo il 1826.
Tutte e tre le opere raffigurano il Tempio di Vesta, visto dal ciglio della cascata, che poi fu eliminata con la costruzione dei cunicoli gregoriani, inaugurati nel 1835 e che deviarono il fiume Aniene sotto il monte Catillo o della Croce. Paesaggio famosissimo, conosciuto soprattutto per i dipinti ad olio di Gaspar van Wittel, e che vanta una serie di artisti che immortalarono la nostra città. Lo stesso paesaggio raffigurato in questo acquerello del pittore svizzero Abrham-Louis-Rodolphe Ducros (1748-1810), Vue de Tivoli, avec le Temple de la Sibylle, automne, acquerello con ritocchi di guazzo e d'olio per mettere in evidenza la luminosità, su carta con filigrana D & C Blauw incollata su tela, cm. 66,7 x 102, databile intorno al 1795, Musée Cantonal des Beaux-Arts, Lausanne.
Nelle pagine del Museo Virtuale c'è già una visione simile del Ducros: non però copie eguali, perché la prima, illuminata dalla luce del sole, è primaverile, questa invece, nuvolosa e contrastata, ci ricorda la stagione dell'autunno. Inoltre questa, per i ritocchi effettuati con guazzo ed olio, offre una maggiore corposità ed un profondo equilibrio nel gioco dei toni chiari e scuri, e segnalandosi, oltre che per il paesaggio, anche nella ricercatezza nel rendere la vegetazione presente nella parte sinistra dell'opera. C'è poi una nuova costruzione davanti la casa con la facciata bianca, alla sinistra del giardino del Tempio, e la vegetazione ingloba ormai l'architettura ed unisce al rione di S. Lucia l'isolotto presente nel primo acquerello.
Abbiamo qui uno dei più famosi scorci di Tivoli, prima del disastro del 1826.
Il tempio di Vesta (chiamato da molti artisti e anche tuttora Tempio della Sibilla) troneggia sopra il Ponte della Cascata o di S. Rocco che riedificato per l'ennesima volta, finalmente in pietra intorno all'anno 1685, era stato chiuso nel secolo seguente da un doppio, alto parapetto, con ferrate ansate. L'8 novembre 1808 crollò insieme con alcuni fabbricati della sponda sinistra. Ebbe vita più breve poi il ponte di legno che fu costruito, e che crollò l'8 aprile 1829. Non rimase che una passerella o "pedagna" costruita provvisoriamente sul ciglio del nuovo argine, solo per permettere il passaggio degli operai durante i lavori ordinati da Leone XII, a mantenere il transito tra la via Tiburtina e la via Valeria.
Il pontefice Leone XII già era intervenuto inviando alla popolazione terrorizzata e affamata, dopo le distruzioni del novembre 1826, viveri in abbondanza e provvide con sollecitudine alle riparazioni della chiusa. Ma le opere provvisorie cedettero nuovamente alla piena.
La commissione tecnica delegata per i soccorsi stabilì per la sistemazione definitiva, che infiniti progetti consigliavano in maniere estremamente varie, di erigere una gran mole di chiusa, spessa 18 metri, che a guisa di scala arginasse e sdoppiasse il salto della cascata.
Grandi gabbionate di legno, spostando a destra o a sinistra la corrente del fiume permisero che i lavori, cui il pontefice rivolse un particolare interesse, si compiessero in un anno, terminando nel settembre del 1828. E nella Mostra nel Museo Civico viene esposto appunto anche il volume, che esamina i progetti per questi lavori: "Tiburtina Reparationis Anienis: Coram Congregatione a Sanctissimo D.N. Papa Leone XII. specialiter deputata Em.um, et Rem.um Cardinalium De Somalia, Galeffi, Spina, Guerrieri Gonzaga, et Illm.rum, et Rem.rum Praesulum Nicolai, Cristaldi, Clarelli, Mattei, Cattani a Secretis, Romae MDCCCXXVII. Ex Typographia Rev. Camerae Apostolicae", aperto alla pagina della "Pianta del Progetto del Consiglio d'Arte sulla riparazione della Rotta dell'Aniene in Tivoli".
Contribuirono alle spese: il comune di Tivoli per due decimi, l'erario pubblico per tre decimi, per mezzo del centesimo addizionale, e lo stato per cinque decimi. Si propose anche la costruzione di un ponte in legno o muratura nella zona di porta S. Giovanni. Clemente Folchi, che diresse i lavori dei cunicoli gregoriani, progettò anche lui un ponte di legno, dal momento che il pontefice aveva escluso un ponte in muratura per l'ingente costo. Perciò l'Amministrazione tiburtina cominciò ad acquistare le varie case, che, sulla direttrice della strada, davano ingombro, appaltandone poi la demolizione.
L'innalzamento dei piloni andava avanti rapidamente e non minore energia si spiegava per l'impalcatura del ponte di legno. Si fecero pure ricerche di legnami all'estero, lunghi e spessi abbastanza per l'estensione del ponte progettato con novanta palmi di luce e che avrebbe previsto, tra l'altro, ben 100 scudi annui di manutenzione. I tiburtini però, non contenti del progettato ponte in legno, fecero nuove istanze al Santo Padre per un ponte in muratura, degno della città e dell'importanza del traffico che vi si svolgeva tra gli Abruzzi e Roma. I Tiburtini fecero presente che, se pure il ponte in muratura fosse costato anche il doppio, sarebbe stato franco da future spese. Così nell'udienza del 25 agosto 1834 il Pontefice ordinò la costruzione di un nuovo "ponte in materiale sopra l'attuale chiusa dell'Aniene in Tivoli". Da quel momento il Ponte Gregoriano permise finalmente un comodo passaggio verso l'Abruzzo.
Sul lato sinistro dell'acqurello il rione di S. Lucia, sul lato destro quello di Cornuta, con l'edicola di S. Giacinto.
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